AVIS E COMUNE
Check up gratuito per seimila volontari
Progetto Mameli dell’Università degli studi di Milano con Avis e Comune. Sistema tecnologico non facilissimo

Un’occasione unica per farsi un bel check up sanitario, valutare il proprio stile di vita, conoscere meglio l’ambiente in cui si vive e farsi un’idea della qualità della propria vita. Il tutto a costo zero e con la supervisione di fior di medici e ricercatori. In sintesi, il progetto Mameli lanciato dall’Università degli studi di Milano in collaborazione con l’Avis e il Comune di Legnano è tutto questo: al di là del valore scientifico dell’iniziativa, che è stata finanziata con tre milioni di euro dal Consiglio europeo per la ricerca, l’opportunità è ghiotta anche per i volontari che decideranno di fare da cavia.
Per la seconda fase del progetto, presentata lo scorso 5 aprile, ne servirebbero 6mila, il dieci per cento della popolazione di Legnano. A giovedì erano 125, compreso chi scrive.
ALL’EX PORTINERIA
Ma come funziona il Progetto Mameli? Cosa devono fare i volontari che si mettono a disposizione dei ricercatori? Tutto inizia compilando il modulo che si recupera in internet all’indirizzo mameli.unimi.it, per trovarlo basta cercare “progetto Mameli Legnano”. Compilato il modulo si riceve una mail che invita a recarsi al “Mameli point” che il 12 aprile è stato aperto nella vecchia portineria del municipio, in piazza San Magno. Lì dal mercoledì al venerdì il pomeriggio e il sabato mattina c’è sempre un volontario a disposizione.
LE TRE APP
E qui inizia la vera avventura. Prima di tutto bisogna scaricare tre app diverse (3): una serve per “preparare” lo smarthpone all’installazione delle altre due, la prima delle quali serve per connettersi all’orologio intelligente e l’altra per raccogliere i dati che dovranno essere inseriti a mano, e che ogni sera saranno inviati automaticamente ai ricercatori. L’idea è quella di monitorare i volontari in ogni fase della giornata: raccogliere dati sui loro spostamenti, cosa mangiano, quanto dormono, come sono i loro parametri vitali. Detto così è un po’ inquietante, ma chi gestisce il programma garantire che tutti questi dati saranno trattati nel rispetto della legge sulla privacy, e comunque chiunque indossi uno smartwatche volente o nolente è nelle stesse condizioni.
Far funzionare tutto non è semplicissimo: su tre dispositivi consegnati, solo uno si attiva al primo colpo. Uno non garantisce tutte le funzioni dell’app Mameli perché questa non si adatta a uno schermo troppo piccolo, un altro non riesce a stabilire la connessione con l’orologio. I tecnici si attivano subito, l’app è aggiornata e dopo qualche giorno anche il secondo può iniziare il suo monitoraggio; il terzo, aspetta ancora con fiducia. Per due su tre, comunque, può iniziare il monitoraggio che in tutto durerà 14 giorni.
L’orologio fa tutto da solo, probabilmente anche più del necessario. È uno smartwatch di gamma medio-bassa progettato per le funzioni fitness, tra i parametri che raccoglie e invia ai ricercatori ci sono battito cardiaco, ritmi di sonno e veglia, spostamenti, ma anche pressione arteriosa e temperatura corporea. Volendo lo si può usare anche per un cardiogramma, misurare la glicemia e il livello di radiazioni nell’ambiente.
Le istruzioni spiegano e rispiegano che i dati raccolti non hanno alcun valore medico perché i dati trasmessi dai sensori sono elaborati da algoritmi che formulano delle ipotesi verosimili, ma tanto basta per farsi un’idea della situazione.
INTELLIGENZA ARTIFICIALE
Poi ci sono i dati da inserire nell’app Mameli. Anche qui è tutto molto tecnologico: i duecento volontari che nel 2024 avevano aderito alla prima fase avevano a disposizione strumenti più rudimentali e alla fine della giornata dovevano elencare tutto quello che avevano mangiato e bevuto nelle 24 ore. Adesso basta fotografare il piatto di pasta o il panino e caricare la foto. I ricercatori garantiscono che tutto il resto lo farà l’intelligenza artificiale, che analizzando le fotografie riuscirà a capire cosa abbiamo mangiato e in che quantità, calcolando automaticamente calorie e tutto il resto. Come sia possibile, sinceramente si fa fatica a immaginarlo.
L’ESAME DEL SANGUE
Fondamentale è quindi ricordarsi di fotografare tutto quello che si mangia, il che in effetti è un po’ una scocciatura. Alla fine dei 14 giorni, arriva poi l’appuntamento per un prelievo del sangue nei laboratori Avis di via Girardi. Gli esami serviranno per completare i dati raccolti nell’indagine ma intanto i volontari potranno contare su un check up gratuito, che non fa mai male. Funziona? Intoppi tecnici a parte, pare di sì. Il progetto durerà cinque anni, per conoscerne i risultati servirà un po’ di pazienza.
La seconda fase lanciata all’inizio di aprile punta a coinvolgere 6mila legnanesi, un residente su dieci
È richiesto un impegno di 14 giorni, più il tempo di un prelievo ai laboratori Avis
Sono raccolti tutti i dati riguardanti spostamenti, abitudini elementari e parametri vitali
Rispetto
alla prima fase sperimentale, ora il monitoraggio è diventato molto più tecnologico
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