L’OMICIDIO
Tre testimoni accusano Marco
Il figlio riconosciuto in commissariato dalle vicine che hanno assistito all’accoltellamento. Oggi autopsia sul corpo di Michele. Ancora da chiarire i motivi del tragico litigio

Ha scelto la via migliore, quella della verità nuda e cruda e ha fatto bene. Perché se Marco Campanella - arrestato lunedì per l’omicidio del padre Michele - avesse anche solo provato a scrollarsi di dosso le colpe, avrebbe dovuto combattere con ben tre testimoni oculari. Tre donne, residenti nei condomini accanto al suo, che hanno assistito al delitto in diretta.
Le legnanesi sono state accompagnate in commissariato per mettere a verbale la loro ricostruzione dell’aggressione. Tutte concordi: Marco avrebbe sferrato alcune coltellate nonostante il padre urlasse «no, no, no». Una volta abbattuto il settantunenne, riverso di schiena sul balcone, il trentasettenne è rientrato per alcuni attimi in casa.
Il genitore ormai non gridava più, ma Marco sarebbe tornato sul poggiolo, si sarebbe chinato sul corpo di Michele e avrebbe ricominciato a fendere con rabbia, tanto da spezzare la punta di una lama. «Dopo due anni di rimproveri e di insulti ho reagito», ha spiegato l’aspirante dottore (nel senso di laurea quinquennale a cui ambiva, dopo aver conseguito la triennale l’anno scorso) al pubblico ministero Francesca Parola.
La quale, durante un primo interrogatorio in procura, gli avrebbe anche domandato perché non emanciparsi dalla famiglia che, evidentemente, gli stava stretta. Perché non andare a vivere da solo? «Come avrei potuto fare? Non ho reddito e i miei genitori non avevano nemmeno una lira per pagarmi un appartamento».
Oggi il trentasettenne verrà interrogato dal gip Luisa Bovitutti, nel frattempo il medico legale Antonio Tajana sottoporrà la salma ad autopsia: da una prima ricognizione del cadavere sarebbero risultate dieci ferite da taglio e alcune sul braccio sinistro, come se Michele avesse provato a difendersi dalla furia del figlio adottivo.
Un vero e proprio movente non è ancora stato individuato, al di là delle tensioni che percorrevano il loro rapporto, dovute al fatto che Marco si dedicasse esclusivamente allo studio, ignorando del tutto l’ipotesi di trovarsi un lavoro (uno lo aveva addirittura rifiutato nei mesi scorsi perché non adeguatamente retribuito).
Al pm l’indagato non ha saputo spiegare i dettagli di quello che è accaduto lunedì mattina in via Giovannelli, sembra però che a innescare il litigio definitivo sia stata la richiesta del padre di comunicargli alcuni dati contributivi, forse perché è tempo di dichiarazioni fiscali. «Sono dati personali e sensibili, non avrebbe dovuto chiedermeli». Ma le sue dichiarazioni sono state così vaghe e generiche che per il momento è impossibile codificarle.
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