INCHIESTA KRIMISA
‘Ndrangheta, è l’ora della verità
Via al processo sui fatti di Lonate Pozzolo, un solo imputato per associazione mafiosa

C’è solo un imputato accusato di associazione a delinquere di stampo mafioso, è Cataldo Casoppero ed è difeso dall’avvocato Alberto Arrigoni.
Il resto degli imputati risponde di reati minori, ancorché aggravati dai mezzi mafiosi ma ciò è sufficiente per celebrare il processo con il pubblico ministero della Dda Alessandra Cerreti, arrivata a Busto con la scorta, le macchine blindate e le sirene spiegate.
Da anni infatti è nel mirino delle cosche, poiché della criminalità organizzata conosce ogni piega, ogni risvolto, ogni ruolo. A partire dalla ‘ndrina cirotana di Lonate-Legnano.
Ieri, giovedì 6 febbraio, dunque è iniziata la costola dibattimentale dell’operazione Krimisa e subito l’avvocato Valentina Alberta, legale di Giuseppe Rispoli, ha sollevato l’eccezione sul diritto degli imputati a partecipare fisicamente alle udienze, non in videoconferenza. A parere suo - e dei colleghi che si sono associati - non sussistono le esigenze per lasciarli al confino. Dopo poco più di mezz’ora di camera di consiglio il giudice Ferrazzi (a latere Daniela Frattini e Marco Montanari) ha respinto l’istanza non ritenendo necessaria la presenza dei detenuti. Anche per una questione di sicurezza e ordine pubblico.
Prossima udienza il 20 febbraio, ma sarà solo interlocutoria. Si entrerà nel cuore dell’inchiesta da maggio, con l’escussione di 127 testimoni e ritmi serrati: l’intenzione del tribunale è di arrivare alla sentenza non oltre ottobre.
Oltre a Casoppero e a Giuseppe Rispoli, affronteranno il dibattimento Antonio De Novara (difeso dall’avvocato Stefano Besani), il consulente del lavoro Gianpaolo Laudani (con gli avvocati Francesca Cramis e Davide Steccanella), Sandra Merte (difesa da Alessandra Angelelli) e Giandomenico Santoro (assistito dall’avvocato Edoardo Polerà).
Nessuna delle parti offese individuate dalla procura antimafia si è costituita parte civile. Il pm Cerreti ha prodotto comunque un elemento probatorio prezioso, ossia gli audio registrati da una delle vittime di estorsione, salvati sul cellulare proprio mentre riceveva minacce e intimidazioni, in tempi non sospetti.
Quando il clan capeggiato da Vincenzo Rispoli, Emanuele De Castro e Mario Filippelli venne riportato in carcere, il giovane lonatese consegnò quel documento agli inquirenti, arricchendo così il compendio investigativo già corposo.
«Voglio uscire da questo incubo, in queste storie io non c’entro assolutamente e infatti non sono mai stato accusato di essere un ‘ndranghetista», commenta amareggiato Laudani.
«Abbiamo scelto il dibattimento per dimostrare la sua estraneità a tutte le contestazioni», conferma l’avvocato Cramis.
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