KRIMISA
Prime condanne al clan
Al consigliere otto anni. Batosta al nuovo boss

Fino all’ultimo, Emanuele De Castro, capo società della locale di Legnano e Lonate divenuto collaboratore di giustizia, ha mantenuto fede al suo ruolo. Quello di principale accusatore nel processo con rito abbreviato celebrato a Milano per l’operazione Krimisa che ha rimesso nel mirino gli uomini della storica succursale lombarda della ‘ndrangheta di Cirò Marina.
«Confermo che quella guidata da Vincenzo Rispoli è a tutti gli effetti un’associazione di stampo mafioso e ho deciso di lasciarla per il bene di mio figlio e perché per me è venuto il momento di cambiare vita», ha ribadito oggi, martedì 8 settembre, in videoconferenza il pentito prima che il gup Anna Magelli si ritirasse per decidere.
Condanne per oltre 112 anni di carcere. Dei 28 imputati solo tre sono usciti indenni, cioè senza pene a carico. Assolto Alfonso Rispoli, il figlio del capo Vincenzo: accusato di violenza privata aggravata da metodo mafioso, il giovane è stato prosciolto per mancanza di querela dopo la derubricazione dell’imputazione in percosse (senza aggravanti).
Rispoli, ritenuto capo cosca, è stato condannato per associazione mafiosa a 14 anni e 8 mesi di reclusione. Stessa imputazione condivisa anche con Mario Filippelli condannato a 18 anni (4 in più rispetto alla richiesta). Condannati anche l’ex consigliere comunale di Fratelli d’Italia di Ferno Enzo Misiano e suo cognato, l’ex poliziotto Francesco Basile, rispettivamente a 8 anni e 8 mesi e a 10 anni.
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