Loreti e Montanari, i tesori della Questura di Varese

Uno sviluppo della mostra che si è svolta a Palazzo Littorio di Varese, sede della Questura, fino allo scorso giugno, ulteriore tappa di studio e approfondimento relativi a uno dei principali edifici monumentali del capoluogo.
LA PRESENTAZIONE
Un percorso articolato e analitico che approda al volume, pubblicato da Lativa, che ha visto l’interazione del Comune e della Questura, con il patrocinio della Provincia di Varese e il supporto economico di Fondazione Cariplo, di Fondazione Comunitaria del Varesotto e di Varesevive. L’opera - L’arte svelata nel Palazzo della Questura di Varese - curata da Serena Contini, responsabile dell’Ufficio Ricerca e valorizzazione del patrimonio culturale e museale e degli Archivi letterari del Comune di Varese, e dall’assessore alla Cultura, Enzo Laforgia, sarà presentata domani, venerdì 10 maggio, alle 18, nella Sala Montanari, con la partecipazione dello storico dell’Insubria, il professor Antonio Orecchia.
Ampio è il repertorio di contributi che spaziano dalla genesi alla funzione dell’edificio, dalle scelte stilistiche e architettoniche alla retorica figurativa e spaziale del palazzo di Casbeno e di altri edifici razionalisti. Quello dell’attuale Questura è stato realizzato nel 1933 dall’architetto romano Mario Loreti: fu sede del Partito nazionale fascista, oltreché della redazione del quotidiano Cronaca Prealpina, dopo che la fascistizzazione aveva fatto allontanare il fondatore e direttore Giovanni Bagaini. Da lì a poco l’architetto avrebbe firmato anche la nuova piazza Monte Grappa.
STORIA, ARTE E ARCHITETTURA
Nel caso della mostra prima, e della pubblicazione poi, a Varese non si sono seguiti i dettami della cancel culture. Al contrario si è approfondito, in modo scientifico, un periodo buio e la sua produzione artistica e architettonica: «Un periodo con cui dobbiamo comunque fare i conti - spiega Laforgia - senza timori né senza far finta di niente. E preparandoci al 2027, quando si celebrerà un secolo dall’elevazione di Varese a capoluogo, ragionando fin d’ora su serie basi scientifiche».
Quanto all’arte e all’architettura è Serena Contini a riassumere due anni di intenso lavoro: «Ci troviamo di fronte, per quanto riguarda la Questura, a un edificio che vede la compresenza e l’intervento del grande architetto Mario Loreti e di un grande artista qual è stato Giuseppe Montanari, oltre al grande ceramista Guido Andloviz».
Una collaborazione d’eccellenza che in quel periodo si è verificata anche altrove: è stato, per esempio, il caso di Piacentini e Sironi. «Loreti era un grande architetto che lavorava con materiali di qualità e con una cura del dettaglio da restare incantati: pensiamo alla porta dell’ufficio dell’attuale questore che è un vero capolavoro». Un’attenzione al particolare che derivava dal padre, costruttore di mobili per la Real Casa, che ha reso l’architetto un vero designer. C’è poi, nel ricco contributo di Contini relativo ai vari palazzi razionalisti di Varese, e ai confronti con altre città italiane, un capitolo importante su quello che la studiosa non esita a definire un «Montanari inedito».
«È stato l’artista che ha decorato gli interni dell’edificio. Per parlarne e scrivere le pagine a lui dedicate, siamo riusciti ad attingere all’archivio di Montanari e a prendere spunto da documenti assolutamente inediti. Come anche nel caso dell’archivio appartenuto all’architetto Loreti».
Analisi, riflessioni, immagini che hanno posto un punto fermo su un periodo, quello tra gli Anni Trenta e Quaranta e su una città, che da borgo si è trasformata rapidamente in capoluogo, arricchito da imponenti edifici e raffinate opere d’arte.
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