L'EROE
Medaglia al valor civile a Iaconis
Salvò una donna dalle fiamme: carabiniere premiato dai Lions Prealpi. E l’Arma avvia l’iter per l'alto riconoscimento
Una targa d’argento, gli applausi. E il pensiero fisso a quel tesoro che mamma Maria Rosa gli ha passato ogni giorno, prima d’andarsene: la gioia dell’umiltà.
Se Rocco Iaconis - cinquant’anni, carabiniere che non ha bisogno dei gradi per dimostrarlo - sia un eroe o solo un uomo con la u maiuscola è domanda cui, la sera di giovedì 16 febbraio, hanno provato a rispondere i Lions Prealpi.
Il Comando generale dell’Arma, invece, sta già valutando il metallo con cui sarà forgiata la medaglia al valor civile che Iaconis s’è meritato - con un encomio - il 5 dicembre scorso, rischiando la vita in un giorno di licenza.
Giovedì, sono stati però i Lions Prealpi del presidente Claudio Modigliani a radunare attorno al salvatore di Carla, la donna che stava per bruciare viva nel rogo di casa Missoni, soci e autorità: dal prefetto Giorgio Zanzi al prevosto Gilberto Donnini, dal comandante provinciale dell'Arma Vincenzo De Salvo al questore Marcello Cardona, dall’ex questore del Vco Luigi Minchella ai comandanti di polizia stradale, Alfredo Magliozzi e polizia locale, Antonio Lotito.
Iaconis, abituato a stare al centro della strada, sulla "gazzella" di servizio del Nucleo radiomobile, trovatosi al centro dell’attenzione pareva spaesato: «Ho perso mio padre Giuseppe che avevo sette anni - aveva confidato prima di sedere al tavolo d'onore -. Eravamo una famiglia di contadini: avevo tutto quel che conta, anche se sembrava fossimo poveri. A sedici anni ho raggiunto mia sorella a Caronno Pertusella: c'era da guadagnarsi il pane. Il primo incarico? Fu a Malnate, nel 1981, ai tempi degli Zagari, sotto la guida paterna d'un grande uomo, il maresciallo Agostino Marsico».
Si schermiva giovedì il vicebrigadiere, trentadue anni di servizio battezzati dalla bomba al carcere di Rovigo (1982).
«Il salvataggio di Carla? Quando Mario, suo marito, mi urlava di aiutarlo, non volevo entrare dentro quell'inferno. Per due volte ho tentato di camminare verso la stanza, per due volte sono tornato indietro. Avevo paura. Poi all'improvviso, sentendo le grida disperate di Mario, mi sono ritrovato di fronte gli occhi di mia moglie, Alda. E sono corso finché non ho trovato a tastoni il letto, ho preso Carla per un piede, l'ho trascinata fuori dalla porta. Poi lo distesa sul prato. Pensavo fosse morta soffocata. Era viva. Allora sono andato a spostare l'auto che stava per essere investita dalle fiamme».
Le pare un gesto normale?
«Lo faccio tutti i giorni, anche se per fortuna non tutti i giorni capita di sfiorare la morte. Una volta salvai un uomo che stava per lanciarsi sotto il treno. L'afferrai due secondi prima dell'irreparabile. È per questo che faccio il carabiniere. Per aiutare chi non ce la fa».
Così avrà apprezzato le parole del suo comandante, il colonnello De Marco, quando, sottolineando che un carabiniere è sempre in servizio e non certo perché lo impone il Regolamento operativo dell'Arma, ha esaltato l'opera quotidiana di tutte le forze dell'ordine.
Sulla stessa frequenza il «grazie di cuore come cittadino» che il prefetto gli ha indirizzato e il commento del prevosto: «Si può essere in licenza dal servizio ma non dall'essere uomo».
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