IL PROCESSO
«Mi ha portata a casa sua. Poi mi ha violentata»
Il drammatico racconto di una ragazza che all’epoca aveva 13 anni

«L’ho incontrato una mattina mentre andavo a scuola. Mi ha invitato a fare colazione, ma di fronte al mio rifiuto lui mi ha afferrato per un braccio e mi ha messa in auto. Mi ha portata a casa sua, dove sono rimasta quasi due giorni e dove di notte mi ha violentata». È, in sintesi, il drammatico racconto di una ragazza di 20 anni, che nell’aula del Tribunale di Varese ha ricostruito ciò che le successe nel gennaio del 2018, quando era solo tredicenne.
Una testimonianza interrotta dalle lacrime quando ha ricordato quello che avvenne in piena notte nella camera di quel suo presunto amico, classe 1998, che diceva di essere innamorato di lei e di volerla persino sposare. Ma che ora è a processo per violenza sessuale. «Mi sono addormentata davanti alla tv e mi sono svegliata, alle tre, con la sensazione di essere toccata. E me lo sono ritrovato sopra di me». Secondo l’accusa, lui l’avrebbe spogliata e immobilizzata, tenendola per i polsi, per poi abusare di lei, che era ancora vergine. Accusa che il giovane - difeso dagli avvocati Marco Antonini e Fabio Bascialla - ha sempre respinto e intende smontare durante l’istruttoria. In un primo tempo, la Procura aveva chiesto l’archiviazione, poi dopo l’opposizione della persona offesa il gip aveva rispedito gli atti al pm; si è così arrivati all’udienza preliminare e al rinvio a giudizio. E dopo sette anni il dibattimento è entrato nel vivo.
«Era stata una mia amica a dargli il mio numero», ha dichiarato la ragazza (parte civile con l’avvocato Milena Ruffini). «All’inizio ci scambiavano messaggi via WhatsApp, nulla di particolare, fino a quando mi ha chiesto di vederci. Ma io mi sono sempre opposta. E l’ho fatto anche quel giorno che mi ha caricata in auto a Busto Arsizio. Mi ripeteva “Stai tranquilla, non ti faccio del male. Ti faccio conoscere i miei genitori”. Siamo arrivati a casa sua e la madre era felice di conoscermi, credeva che fossimo fidanzati. Io le ho detto che non era così e lei ci è rimasta male». Poi, stando al racconto della ragazza, nonostante le sue ripetute richieste di riaccompagnarla a scuola lui l’ha portata in camera sua. «Diceva di essere innamorato, che voleva venire a chiedere la mia mano ai miei genitori. Ci siamo messi sul letto, cercava di abbracciarmi e coccolarmi, ma io lo respingevo. Perché non ho chiamato il numero di emergenza? Perché non avevo credito per telefonare. E non c’era neppure segnale». La ragazza sarebbe stata costretta a restare in quella casa fino alla sera: «Sua madre mi ha anche dato il pigiama. Ho cercato di ribellarmi, gli ho detto che lo avrei denunciato». Poi, di notte, sarebbe avvenuta la violenza: «Io scalciavo e piangevo, ma lui mi ha bloccata e ha fatto quello che doveva fare». La mattina dopo avrebbe provato a scappare verso un parco, ma «lui mi ha raggiunta e mi ha riportata in casa».
Soltanto alla sera del secondo giorno l’avrebbe “liberata”. Poi lei ha poi denunciato tutto ai carabinieri.
Il processo proseguirà a febbraio 2026 con l’esame di altri testimoni.
A giudizio un ventinovenne
di Gornate Olona,
che respinge le accuse
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