IL CASO
Milano: Diana morta di stenti, la madre disperata in carcere
Non ha fornito certezze sulle cause del decesso l’autopsia sul corpo della bimba abbandonata in casa per sei giorni. La rabbia contro la donna nelle lettere recapitate in Procura

Dai primi esiti dell’autopsia sul corpo della piccola Diana, la bimba di un anno e mezzo lasciata dalla madre Alessia Pifferi per 6 giorni in casa da sola, non è emersa alcuna causa evidente della morte e, dunque, i medici, a quanto si è saputo, si sono riservati di fornire risposte più precise solo quando avranno a disposizione parametri certi dagli ulteriori accertamenti.
Ci vorranno dunque alcun settimane per una prima relazione degli esperti, nominati nell’inchiesta della Squadra mobile, coordinata dal pm di Milano Francesco De Tommasi.
Sarà comunque difficile, da quanto si è appreso, individuare una causa precisa della morte avvenuta, già stando ai primi accertamenti, per stenti. Decisivi saranno, però, anche gli esiti delle analisi della Polizia scientifica sul latte del biberon, trovato accanto alla piccola, per accertare se contenesse benzodiazepine (c’era una boccetta di tranquillante in casa) fatte assumere, questo è il sospetto, dalla 37enne alla figlia.
Intanto, il quadro probatorio per la Procura è talmente solido che si arriverà probabilmente nei prossimi mesi ad una richiesta di processo con rito immediato per omicidio volontario pluriaggravato a carico della donna.
MADRE FRASTORNATA
Intanto la donna è rinchiusa da quasi una settimana nel carcere di San Vittore, dove appare “frastornata”, a tratti piange e a tratti non si rende conto della situazione. A riferire la situazione di Alessia Pifferi è chi l’ha potuta incontrare nel carcere milanese dove si trova in isolamento e sorvegliata a vista sia per evitare eventuali “punizioni” da parte di altri detenuti per via di quella tacita legge che vige dietro le sbarre che non perdona chi si è accanito contro i bambini, sia per evitare che possa compiere gesti autolesionistici. Intanto continuano ad arrivare in Procura a Milano lettere via mail, soprattutto di mamme scosse per “la sofferenza” inflitta a Diana. «Non dormo la notte - ha scritto una madre - mi auguro una condanna alla pena più severa possibile».
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