IL RICORDO
Monsignor Stucchi, la vocazione del consolatore
Da monsignor Pasquale Macchi a Salvatore Furia: tanti i funerali celebrati dal vescovo

Dopodomani, in Duomo, a Milano, alle 10 e poi a Tradate, cinque ore dopo, monsignor Luigi Stucchi riceverà l’estremo saluto.
Lui che in quasi due lustri di vicariato episcopale a Varese aveva saputo attraversare i periodi più duri della quotidianità varesina.
Essere sacerdote è infatti anche riconoscersi e praticare la faticosa vocazione dell’empatia quando il dolore ammanta una comunità all’improvviso e diventa pretesto per ragionare - dinanzi alla morte - del bene dell’esistenza.
Così monsignor Stucchi non ha mai lesinato parole di conforto e di speranza neppure quando s’è trovato sul pulpito di chiese in cui si celebrava l’addio alle vittime della violenza altrui - da Carla Molinari ai fratelli Antonio e Gianni Restivo, da Lorella Fabbian a Mattia, Fabio e Marta Dal Cero e dal proprio carnefice, sangue del loro sangue, Maurizio, da Alessandro Macchi al cannobino Giovanni Cantoni, al besanese Claudio Meggiorin - riuscendo in quell’alchimia preziosa che non è mero verbo consolatorio ma vicinanza a chi resta.
Proprio nella presenza davanti all’assenza irrimediabile, monsignor Stucchi ha tracciato una linea tanto sobria quanto vera: lo ricorderanno i parenti e gli amici del poliziotto pilota Francesco Santoro, quelli di Willi, Paolino e Minonzietto, ovvero Luca Vilardi, Paolo Dal Fior e Andrea Minonzio, i tre giovani varesini morti sulla bretella dell’A8, o quelli di Mauro Vanoni, morto a poche centinaia di metri sull’Autolaghi, o quelli degli alpinisti malnatesi Attilio Farè e Fabio Della Bordella: ancora presenza per significare che l’imprevedibile è parte dell’esistenza, che essere preparati significa vivere con pienezza la parola che più si presta a essere inflazionata e che invece impone un codice di comportamento che collima col sacrificio: l’amore. Fu così per l’omelia che diede l’addio a monsignor Pasquale Macchi, fu così per quella che salutò una nostra amatissima collega, Anna Maria Negri, madre capace di rinunciare alla sua vita per dare alla vita una figlia, fu così per celebrare l’opera di Salvatore Furia, «il giardiniere delle stelle» ma anche per rammentare l’opera «umanissima e libera nella verità» di Carlo Chiodi, direttore di Radio Missione Francescana. Uomini e donne che per motivi diversi si sono ritrovati ritratti sulle pagine dei giornali, laddove, come nel caso di Anabel e della sua piccola Gabriela, salvadoregne uccise dal monossido a Biumo, mai sarebbero arrivati.
Dopodomani sarà l’arcivescovo Mario Delpini - un varesino - a celebrare il rito funebre per monsigor Stucchi nella chiesa madre della Diocesi milanese.
Ci piace immaginare che tra la folla, invisibile come lo è ciò che si vede col cuore, davanti alla morte cristallizzata in un feretro, prenderà vita un muto, specialissimo abbraccio riconoscente a chi, traghettatore di anime, sarà traghettato nel Mistero.
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