LUINESE
Monteviasco senza funivia. Ristorante chiede i danni
Causa al Comune e alla Regione. Borgo isolato da tre anni

La funivia è ferma dal 12 novembre 2018, dal giorno dell’incidente in cui morì il manutentore Silvano Dellea. Da allora, com’è noto, il borgo di Monteviasco è diventato praticamente irraggiungibile. E di conseguenza da allora il ristorante Camoscio Bellavista, uno dei più noti della località ha dovuto chiudere i battenti per assenza di clienti.
Tre anni dopo la tragedia, con lavori in corso sull’impianto la cui fine è un punto di domanda, il titolare Giovanni Ranzoni ha deciso però di reagire. E la sua reazione è una causa per il risarcimento dei danni subìti nei confronti del Comune di Curiglia con Monteviasco e soprattutto della Regione Lombardia. Che avrebbe potuto, secondo il ristoratore, tutelare la sua attività mettendo a disposizione dei fondi in grado di garantirne la sopravvivenza.
Anche perché si tratta di un’attività che ha fare non solo con la cucina, ma anche con le tradizioni locali, la cultura e il turismo.
Della causa si è occupato l’avvocato Gian Piero Maccapani e il Tribunale ha fissato la prima udienza per il prossimo 21 dicembre. «Per conto del mio cliente - spiega il legale - chiedo la condanna in via solidale della Regione Lombardia e del Comune di Curiglia con Monteviasco al pagamento della somma di 400.000 euro. Già nel 2020 avevo chiesto a entrambi gli enti, senza ottenere risposta, il riconoscimento dei danni e del mancato guadagno derivati dal mancato ripristino del pubblico servizio di trasporto passeggeri e merci per mezzo della funicolare. E allora era stata negata anche la convocazione di una conferenza dei servizi o l’indicazione di un cronoprogramma certo per il ripristino del servizio, che potesse essere condiviso con i soggetti interessati e colpiti dalla attuale situazione di grave danno economico».
Ranzoni e l’avvocato Maccapani non chiedono a Comune e Regione nessun regalo, ma restano «sconcertati» dalla «totale chiusura delle istituzioni». La Regione, è il loro ragionamento, avrebbe potuto dar vita a un bando o a qualche altro strumento per l’erogazione di fondi in grado di salvare il ristorante Camoscio Bellavista e le altre attività di Monteviasco, ma così non è stato.
«Cosa ancora più incredibile - conclude il legale - visto che l’attività di ristorazione era anche un vero e proprio “manifesto” delle tradizioni locali, con una cucina del territorio capace di attrarre nel borgo «avventori e turisti provenienti non solo dalla nostra provincia, ma dalle più varie zone d’Italia».
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