GIUSTIZIA
Multe, giudice di pace in difficoltà: ricorso impossibile
L’ufficio di Legnano è pieno di arretrati: centinaia di atti mai iscritti a ruolo, quindi non esistono. Dopo i decreti ingiuntivi, paralisi anche per le contestazioni alle violazioni al codice della strada

Attenzione a fare ricorso contro una multa, perché anche se si ha ragione da vendere in barba al diritto alla difesa garantito dalla Costituzione il rischio più che concreto è quello di ritrovarsi comunque a pagare il doppio. Succede a Legnano ed è uno degli effetti delle difficoltà in cui si trova l’Ufficio del giudice di pace, che sulle contravvenzioni ha competenza esclusiva. Con l’ultima riforma varata lo scorso anno, l’ufficio si è visto di fatto raddoppiare il valore dei contenziosi di sua competenza, e quindi di fatto anche il carico di lavoro; al tempo stesso, però, lo scorso febbraio il giudice che prima lavorava a cottimo (e che quindi percepiva un tot ad atto) è stato sostituito da una collega pagata un fisso per lavorare un massimo di due giorni alla settimana.
SETTANTA GIORNI
Risultato: oltre alla paralisi del decreti ingiuntivi di cui abbiamo già parlato sulla Prealpina, c’è anche un problema serissimo che riguarda i ricorsi contro le multe appioppate per violazioni al codice della strada. La legge prevede la possibilità di fare ricorso contro qualsiasi multa: in teoria basterebbe presentare al giudice le proprie ragioni e attenderne il pronunciamento. Ma il ricorso deve essere notificato all’autorità che la multa l’ha emessa, altrimenti dopo 70 giorni la sanzione pecuniaria è raddoppiata. Il problema è che oggi all’ufficio del giudice di pace di Legnano ci sono centinaia di ricorsi che attendono di essere iscritti a ruolo. I funzionari hanno un bell’annunciare l’avvio del procedimento ai Comuni e alla Città metropolitana di Milano: fino a quando l’atto non è registrato, ufficialmente non esiste. In pratica, il ricorso resta sulla scrivania del giudice, e trascorsi i 70 giorni senza che il procedimento sia stato iscritto a ruolo, il Comune o la Città metropolitana prendono atto che la multa non è stata pagata e mandano un nuovo bollettino con importo raddoppiato. E così via all’infinito, perché la legge non prevede che il primo ricorso possa essere integrato. Bisogna presentarne un altro, che si somma ai cento e cento in attesa e che quindi genera una nuova sanzione raddoppiata. Una situazione paradossale, che forse diventa più comprensibile con un esempio pratico. Secondo il Codice della strada, una multa per eccesso di velocità può andare da 173 a 3.382 euro, a seconda della gravità dei casi. Prendiamo il caso dell’autovelox che Città metropolitana ha fatto installare nel giugno 2023 sulla 336 in territorio di Vanzaghello, e che per qualche tempo secondo diverse interpretazioni non sarebbe stato segnalato in modo adeguato. Chi in quel periodo aveva preso una multa e aveva fatto ricorso, aveva qualche possibilità di vincerlo. Ma se il ricorso non è mai stato registrato, dopo 70 giorni quei 173 euro (nel migliore dei casi) sono diventati 346, poi 692 dopo altri 70 giorni.
BUROCRAZIA MICIDIALE
Lo stesso vale per i Comuni: capita di ricevere una multa per un’infrazione commessa in una città dove non si è mai stati, ma anche se si hanno tutti gli strumenti per dimostrare che quel giorno l’auto con la tale targa era da tutt’altra parte, il ricorso diventa impossibile. Perché la micidiale burocrazia italiana costringe il cittadino a passare da una scrivania che in questo momento è praticamente deserta, e senza il timbro e la firma previsti dalla legge è come se l’atto non esistesse. La multa raddoppiata, però, esiste eccome.
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