LA PERIZIA
«Non è in grado di intendere e volere»
Botte al sacrestano, gli psichiatri lo scagionano

Quando aggredì il sacrestano, Luigi Lamanna si trovava «in uno stato mentale tale da escludere totalmente la sua capacità di intendere e di volere, perché affetto da disturbo psicotico in intossicazione cronica da stupefacenti»: è questo l’esito della perizia svolta dallo psichiatra Nicola Poloni su disposizione del gup Tiziana Landoni. Ed era nelle stesse condizioni quando sfasciò il pronto soccorso e quando aggredì i medici. Attualmente, dopo un significativo periodo di detenzione, il cinquantottenne difeso dall’avvocato Gianluca Fontana risulta capace di stare in giudizio, quindi di partecipare coscientemente al processo. Ma a parere dello psichiatra la misura di sicurezza più idonea è la libertà vigilata con inserimento in una struttura comunitaria a doppia diagnosi, adatta cioè sia alle patologie psichiatriche che alla dipendenze da sostanze. I risultati dei colloqui svolti in carcere sono emersi ieri mattina davanti al giudice Landoni che ha comunque rinviato l’udienza a luglio per un ulteriore consulto, anche perché la struttura in cui seguire il percorso riabilitativo dovrà essere individuata dal Sert e dal Cps. Gli episodi dei quali risponde iniziarono l’inverno dello scorso anno.
La sera del 5 febbraio Lamanna, che da tempo viveva da barbone, si presentò nella sala d’attesa del pronto soccorso per dormire al caldo. Spenta la luce, si era sdraiato sulle seggiole. Un medico ebbe l’incauta idea di riaccendere l’illuminazione e di cercare di cacciarlo. Il clochard esplose con urla e minacce, prese dalla tasca un coltello da cucina e lo puntò contro il dottore, sferrò calci e pugni alla porta dello studio dove l’operatore sanitario si era rifugiato gridando «ti ammazzo». Identico copione interpretato il pomeriggio del 5 giugno nel reparto di chirurgia, dove l’imputato riempì di pugni un infermiere. Poi ci sono gli episodi che fecero scalpore a livello nazionale, ossia le due aggressioni a Deodatus Nduwimana, il sacrista di Santa Maria Assunta originario del Burundi. Il 17 agosto lo affrontò sul sagrato: «Tornate al tuo paese, non devi guardarmi sennò ti ammazzo con tutta la tua famiglia», sbraitò sferrando schiaffi e calci e costringendo il dipendente della basilica a rifugiarsi dentro la chiesa. Il secondo round andò in scena il 18 ottobre: «Ti ammazzo, ammazzo la tua famiglia» disse e poi cominciò a sputargli in faccia, sui vestiti, sulla macchina e gli dette pure una raffica di sberle. Ma l’avvocato Fontana lo ribadisce da quel giorno: «Il razzismo non c’entra nulla, non sa nemmeno cosa sia. Non sta bene, questo è il punto».
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