LA BATTAGLIA
Oltre 47mila firme per il bambino conteso
Lo psicoterapeuta Alberto Pellai impegnato nella mobilitazione

«Oggi più che mai, facciamo rumore». L’appello è di Alberto Pellai, il famoso medico e psicoterapeuta che si è preso a cuore la vicenda di Luca, il “bimbo conteso”, la cui storia - raccontata dalla Prealpina e poi ripresa da numerose testate nazionali - è arrivata persino in Parlamento. Il 9 aprile, infatti, il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha risposto all’interrogazione delle deputate Simonetta Matone e Simona Loizzo, spiegando di aver «subito chiesto informazioni all’autorità giudiziaria competente». Cioè al Tribunale per i minorenni di Milano, che proprio il giorno prima aveva respinto il ricorso presentato dai genitori affidatari, una coppia residente in provincia di Varese con cui il bambino di quattro anni ha sempre vissuto, prima di essere assegnato alla nuova famiglia adottiva. Decisione che i coniugi varesini, assistiti dall’avvocato Sara Cuniberti, hanno impugnato, ma l’udienza di secondo grado non si è ancora svolta.
È passato un mese dal question time alla Camera e dalla sentenza, ma nulla è cambiato. Continua a crescere, però, il numero di adesioni alla petizione “Salviamo Luca: chiediamo la continuità affettiva” lanciata sulla piattaforma change.org: le firme hanno raggiunto quota 47.447. Ma non basta: è necessario - scrive Pellai su Facebook - «che qualcuno faccia in modo di accelerare la gestione del caso in Corte d’appello». «Non passa giorno - continua - che io non riceva richieste da parte di persone che seguono i miei social e vogliono sapere di Luca, il bambino cresciuto dalla nascita e per quattro anni da una famiglia affidataria, che in 48 ore lo ha visto dare in adozione a un’altra famiglia», nonostante la sua disponibilità ad adottarlo. «Tutti i diritti del bambino sono stati violati. Di lui non si sa nulla dal giorno in cui è stato prelevato e portato nella nuova famiglia», e quella in cui ha passato tutta la sua breve vita non l’ha più visto. «È certo che Luca ha diritto almeno a rivedere i genitori che lo hanno cresciuto. Lo strappo che gli è stato imposto è contro ogni logica clinica, giuridica ed educativa. Provo grande compassione anche per la famiglia adottiva: chissà quante domande si sente fare, quante richieste deve far cadere nel vuoto. Sarebbe stato almeno necessario favorire il contatto tra queste due famiglie e permettere al bambino di sapere e comprendere che non ha subito un altro abbandono. Non so immaginare quanta angoscia possa vivere un bambino di quattro anni e mezzo che un giorno saluta i suoi genitori, dicendo loro “Poi stasera torno a casa” per poi scoprire che quella che lui chiamava casa e quella che lui chiamava famiglia sono all’improvviso evaporate come bolle di sapone». Pellai chiede quindi che «la giustizia non aumenti ulteriormente il danno subito da questo bambino. Il trauma che gli è stato causato può essere riparato. Però ogni giorno che passa, quel trauma aumenta sempre più».
© Riproduzione Riservata