TRA FEDE E NATURA
Ganna, oasi di meditazione
La badia è un luogo di pace e silenzio

Appena si imbocca la Valganna giungendo da Varese si ha l’impressione di entrare in un luogo mistico, aspro, insidioso. L’ingresso della valle si presenta scuro e stretto, tra rocce, gallerie e le splendide grotte. Poi, una volta usciti dal primo pertugio, la valle offre qualche chilometro totalmente incontaminato dove, specialmente, d’inverno, il sole si affaccia anch’esso in maniera timida, quasi rispettosa. E forse non è un caso che tra Induno Olona, Cunardo e Lavena Ponte Tresa, nel corso dei secoli si siano susseguiti episodi storici diventati leggende, storie, credenze popolari che si perdono nei secoli addietro e si tramandano ancora oggi. Tra i luoghi simbolo di questo territorio vi è sicuramente la Badia di Ganna che, per tutto il Medioevo, fu un importante snodo viario, un rifugio sicuro per i pellegrini, un’efficiente sede di governo e un punto di comunicazione con la vicina regione del Ticino. Inoltre è famosa come luogo di culto dedicato alla memoria del martire San Gemolo, i cui resti sono ancora esposti nell’altare della chiesa.
LA TRADIZIONE
Secondo la tradizione, infatti, il giovane diacono Gemolo, verso l’inizio dell’XI secolo fu decapitato da alcuni briganti, nel tentativo di difendere il proprio zio vescovo, nei pressi di una sorgente in Valganna. Al sacrificio seguirono diversi miracoli e la santificazione del giovane, con la dedicazione della chiesa che oggi è conosciuta come, appunto, la Badia di San Gemolo. Qui i monaci benedettini si occuparono nei secoli dell’attività di bonifica del territorio: risanando paludi, convogliando le acque nel Lago di Ganna, coltivando terreni boschivi e passando a coltivazione i nuovi terreni ottenuti. Il tutto ruotava attorno complesso architettonico della badia, composto dalla chiesa, dal campanile, dal chiostro, dalla foresteria e dalle circostanti abitazioni dei monaci. La chiesa risale al 1100-1125, ma venne consacrata solo nel 1160, a cui si aggiunsero il chiostro del Trecento, la foresteria con chiostro gotico del Quattrocento e le cappelle laterali di fine Cinquecento. Ma la storia della badia non finì con l’addio dei monaci: oggi, oltre a essere sede di eventi e mostre (badiadiganna.eu) e meta di passaggio della Via Francisca del Lucomagno (laviafrancisca.org), questo luogo di culto potrebbe vivere un’altra resurrezione. Dopo cinquecento anni, infatti, potrebbero tornare i monaci nella Badia di Ganna. L’intrigante ritorno al passato ha già avuto un primo benestare dell’ordine monastico e il percorso, iniziato tre anni fa, sta procedendo passo dopo passo. Ad ogni modo il cammino per riportare l’Ora et labora nel Varesotto è tracciato.
LA STORIA NELLA STORIA
Ed è merito di una persona che incarna una storia nella storia. Si tratta di Claudio Bollentini: 58 anni, varesino. Dopo una carriera come imprenditore nella comunicazione e nelle strategie reputazionali, decide di prendersi un anno sabbatico. E, nel 2018, passa dodici mesi, da laico, nell’Abbazia della Novalesa, in Piemonte. Durante questo periodo arrivata una folgorazione: rientrare nel suo territorio di origine, impegnandosi a riaprire un presidio benedettino. Dove? A Ganna. Il sogno è quello di dare vita a un “progetto di romitaggio”, dove uno o più eremiti si stabilirebbero in Valganna, per dedicarsi alla preghiera e allo studio e al lavoro, magari all’interno di un piccolo allevamento di capre, in questo caso l’autoctona Nera della Verzasca, con caseificio per la produzione della Formaggella delle Valli del Luinese dop. In Valganna tornerà quindi il culto dell’Ora et labora?
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