Il senso del silenzio

Il senso del silenzio. C’è chi lo cerca scientemente, scegliendo di vivere lontano da tutto e da tutti ogni momento della sua esistenza, chi lo insegue per avere un attimo di pace, chi lo rifugge per paura. E la percezione di qualcosa che, a rifletterci bene, fa parte dell’uomo, è cambiata in questi due anni di pandemia. E tanta gente, oggi, è in fuga dal silenzio.
«Ci sono tanti casi di difficoltà di elaborazione del tempo che abbiamo vissuto e stiamo ancora in parte vivendo, che è il tempo della reclusione e della solitudine che spaventa ancora di più le persone che sono costrette a vivere nel silenzio. Il silenzio ha sempre avuto una “double face”: da un lato è il luogo della quiete, della concentrazione, del piacere anche psichico, dall’altra è una parola terribile, è il silenzio della sofferenza, dell’emarginazione, dell’offesa, del tradimento. Perché il silenzio, da momento decisamente soprattutto sensoriale, diventa una metafora di carattere morale: il silenzio che opprime, il silenzio della schiavitù, di chi ti toglie la parola, ti costringe a tacere».
Duccio Demetrio, già professore ordinario di filosofia dell’educazione e di teorie e pratiche della narrazione all’Università Bicocca di Milano oltre che insegnante a livello universitario in altri atenei italiani, si occupa di pedagogia sociale, educazione permanente, interculturale ed epistemologica della conoscenza in età adulta. Autore tradotto anche all’estero, ventitrè anni fa ha fondato con il giornalista Saverio Tutino la Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari, associazione che ha lo scopo di diffondere, spiega, «quella che noi da sempre chiamiamo cultura autobiografica, cioè il piacere di scrivere la propria storia, imparare a tenere dei diari o anche di dedicarsi a epistolari all’antica, con carta e penna». Al suo interno, l’associazione ha anche una scuola di formazione di tre anni professionalizzanti proprio per chi affronta la scrittura autobiografica che «sta conoscendo grande diffusione, vuoi anche il relazione al covid, alla solitudine delle persone, vuoi perché si è scoperto che la scrittura, in molti casi, è una forma di autoaiuto, di sostegno psicologico nelle situazioni di fragilità e disorientamento che possono manifestarsi nel corso della nostra vita». E dodici anni fa, sempre da una serie di attività che si svolgevano dedicate alla scrittura alla Libera Università di Anghiari, è nata l’Accademia del Silenzio, da un’idea dello stesso Demetrio e di Nicoletta Polla-Mattiot. «L’Accademia del Silenzio – prosegue Demetrio – nasce in un ambiente dove l’attività dello scrivere ci consente di scoprire il valore del silenzio, perché quando scriviamo con una certa serietà e non per un divertimento passeggero abbiamo di solito bisogno di vivere momenti di concentrazione, riflessività, e ci allontaniamo spesso dai luoghi rumorosi. La Libera Università dell’Autobiografia per esempio è ad Anghiari, in Toscana, dispone attorno a sé di boschi, radure, colline e situazioni che favoriscono attività come quella che abbiamo organizzato di Scrittura in Cammino. L’Accademia del Silenzio è interessante anche come spazio da proporre a coloro che amano il silenzio, di cui abbiamo bisogno. Abbiamo silenzi che facilitano una serie di attività collaterali, la lettura, l’ascolto della musica, la scrittura, in modo particolare proprio quella della propria storia di vita, perché scrivere la propria storia in modo serio, non per farsi pubblicità, significa indagare il proprio mondo interiore». Anche per questo riappropriarsi del silenzio nella sua accezione di riflessione diventa importante. «Per quanto riguarda il silenzio che definivo di carattere morale – sottolinea Demetrio – credo che sarebbe importante evitare che assumesse i caratteri che dicevo: il lavoro sul silenzio comporta oggi un’analisi della condizione umana che è in grado di avvilire le persone togliendo loro il diritto alla parola, mentre in educazione il silenzio può diventare tema di grande importanza proprio per questa sua doppia natura. Si tratta di imparare a vivere il silenzio non come malessere, come dolore, ma proponendo anche di cercare luoghi del silenzio e difenderli».
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