LE INDAGINI
Omicidio a Castelveccana, spunta un fucile
Il carabiniere indagato, che esplose alcuni colpi di arma da fuoco, avrebbe avuto con sé anche un fucile non d’ordinanza

Che arma ha sparato? E’ possibile che il proiettile sia stato esploso da un fucile e non da una pistola? Le risposte arriveranno dai primi risultati dell’autopsia effettuata ieri pomeriggio, martedì 14 febbraio, per accertare la causa della morte di Rachid Nachat, il 34enne marocchino, immigrato clandestino, trovato morto venerdì scorso in fondo a un canalone, nei pressi delle Cascate della Froda, a Castelveccana, con un proiettile nella schiena. Un omicidio per il quale è indagato un sottufficiale dei carabinieri della Compagnia di Luino che, un paio d’ore prima dell’allarme al 112, aveva esploso alcuni colpi d’arma da fuoco (sull’asfalto della Sp 7 sono stati trovati due bossoli) durante un’operazione antidroga nei boschi dello spaccio, convinto di dover affrontare dei pusher armati.
IL MISTERO DEL PROIETTILE
Uno dei misteri da chiarire è proprio quello del tipo di proiettile che ha colpito Nachat. Un elemento determinante per indirizzare le indagini. Per scovare gli spacciatori (una quarantina quelli arrestati dalla Compagnia di Luino solo dall'inizio del 2022), i militari spesso si "mimetizzano" nei boschi, magari vestendosi da cacciatori. Ed è ciò che tre militari hanno fatto anche in questa operazione, portando con sé pure dei fucili, evidentemente per dare meno nell’occhio. Uno di questi - ed è un punto centrale dell'inchiesta - potrebbe essere un'arma non in dotazione ai carabinieri, ma un fucile da caccia di proprietà privata. Arma che sarebbe già stata sequestrata dagli inquirenti. Ecco quindi che diventa fondamentale conoscere il tipo di proiettile estratto dal corpo della vittima. Perché chiaramente il quadro cambierebbe se dovesse emergere che lo sparo è partito da un fucile da caccia. Proprio da quello che portava in spalla il carabiniere? O da altri? Del resto, già sabato la Procura precisava che, «allo stato», non si può «escludere qualsiasi ricostruzione alternativa rispetto alla responsabilità del militare».
APERTE TUTTE LE PISTE
Insomma, tutte le piste restano aperte. Per questo sono stati disposti accertamenti tecnici e balistici destinati a verificare la traiettoria del proiettile. E per questo la Squadra Mobile, a cui il pubblico ministero Giulia Floris ha affidato le indagini, lunedì ha passato al setaccio, anche con le unità cinofile, la zona teatro dell’omicidio, sia per accertare la dinamica dei fatti, sia per cercare eventuali armi nascoste o munizioni. Massimo riserbo da parte degli inquirenti sull’esito del sopralluogo. In ogni caso, tutti i reperti saranno esaminati nel laboratorio della polizia scientifica di Milano.
L’AUTOPSIA
All’autopsia ha partecipato, insieme con il medico legale nominato dalla Procura, anche un consulente indicato dall’avvocato Debora Piazza, del Foro di Milano, legale del fratello di Nachat. Fratello che vive in provincia di Pavia e che da lì, venerdì sera, ha chiamato il 112 dopo essere stato avvertito della tragedia dall’amico di Rachid che era con lui quel pomeriggio. «Mi ha detto - ha raccontato il fratello alla Prealpina - che erano andati lì per comprare del “fumo” e stavano uscendo dal bosco quando, a una decina di metri dalla strada, hanno visto arrivare i carabinieri che hanno iniziato a sparare».
GLI INTERROGATIVI
Nachat sarebbe stato colpito, l’altro (che a questo punto diventa anche un testimone importante) sarebbe riuscito a scappare, per tornare sul posto più tardi: «Ha trovato il corpo di mio fratello, ma non nella zona in cui era stato colpito. Era spostato rispetto a dove si trovava al momento degli spari». E se è davvero così, come è arrivato in fondo al canalone? Si è trascinato lì dopo essere stato ferito? Oppure qualcuno lo ha spostato, e perché? Domande che attendono una risposta in un’indagine che la Procura vuole chiudere in fretta.
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