MASSIMO DIRIGENTE
Testa, la Pro Patria e gli imprenditori che non aiutano
La presidente: «Con un loro contributo, anche minimo, potremmo costruire un sogno»

Tempo di bilanci e di un primo sguardo sulle prospettive future in casa Pro Patria. Chiusa la stagione con la salvezza si guarda avanti.
Presidente Patrizia Testa, alla fine la salvezza diretta è arrivata. Ma si è data una spiegazione per l’improvviso black-out dalla sconfitta con la Pergolettese in poi?
«Trovare spiegazioni razionali è difficile. Forse a un certo punto c’è stata troppa euforia per i risultati positivi. Gli infortuni certo non hanno dato una mano, ma non è un alibi perché la rosa era più che ampia. C’è grande dispiacere perché 50 punti non sono bastati a centrare i playoff».
A proposito della rosa: a gennaio il mister aveva chiesto qualche rinforzo?
«Assolutamente no. Il modo di operare del direttore Turotti è chiaro: non si interviene a metà stagione, ma si parte dall’inizio con la rosa completa».
Come valuta il lavoro di mister Vargas?
«A livello umano, i rapporti sono stati molto buoni. Gli alti e bassi nei risultati possono essere dovuti a una certa inesperienza: è stato un grande giocatore, ma non dimentichiamo che allenava per la prima volta una squadra professionistica».
Ci sono novità sul nuovo tecnico?
«Il direttore ha le idee chiare. Ci sono alcuni nomi sul tavolo, ma ci prendiamo il tempo necessario per riflettere. Non c’è fretta».
Sarà un profilo esterno alla Pro Patria o pensate di valorizzare una risorsa interna?
«Entrambe le opzioni possono essere valutate».
A livello di abbonati e accessi allo stadio, i numeri sono stati impietosi. Bisogna rassegnarsi al fatto che alla città interessi poco della Pro Patria o la società può fare di più per attirare tifosi e sponsor?
«Voglio essere molto chiara: non abbasseremo i prezzi per avere più gente allo stadio. Tra ciò che si è visto quest’anno a livello di abbonamenti, botteghino, multe, non mi va di passare per “cornuta e mazziata”. Se ci sarà un piccolo premio sarà solo a favore delle poco più di 200 persone che si sono abbonate la scorsa stagione. Non certo per chi viene allo “Speroni” per insultare i giocatori. L’abbonamento è un gesto simbolico e concreto di vicinanza alla squadra. Non posso sentire scuse del tipo “Non faccio la tessera perché non so quando si gioca”».
Non si rischia di allontanare ulteriormente una fetta di pubblico? C’è chi auspica un’operazione simpatia.
«Sono antipatica perché non do visibilità ad alcuni pseudo tifosi. Apprezzo chi sostiene la squadra e dà suggerimenti costruttivi, non chi pensa di diventare il padrone della Pro Patria solo perché ha pranzato una volta con un giocatore».
Come se non bastasse, quest’anno sono arrivate un sacco di multe.
«Chi fa partire quegli insulti non capisce che crea un danno economico notevole alla società. Noi abbiamo sempre fatto tutto quello che dobbiamo a livello di codice etico e di regolamenti. Per questo trovo anche sbagliato che sia la società a dover pagare in maniera salata. Tanto più che in Serie A certi cori non vengono neanche presi in considerazione, mentre tante piccole realtà di C devono continuamente mettere mano al portafogli».
Lei si sta già muovendo per iscrivere la squadra al prossimo campionato. Sarà ancora da sola?
«Credo a che davvero la città non abbia più alibi. Se ci fossero solo 10 imprenditori seri, disposti a investire una piccola parte di quello che spendo io, (e per le potenzialità economiche di tanti industriali di Busto sarebbe poco più di un solletico, il direttore Turotti avrebbe le basi per costruire l’inizio di un sogno. Altrimenti gli obiettivi futuri non potranno che essere la permanenza in categoria e la valorizzazione dei giovani».
In un messaggio video ha detto che non resterà in eterno alla guida della Pro Patria.
«Questo è certo. Per ragioni anagrafiche ed economiche. Non so però quando arriverà quel momento. Se al mio ingresso in Pro Patria qualcuno mi avesse detto che sarei rimasta otto anni, gli avrei dato del pazzo».
Cosa cancellerebbe di questi otto anni?
«L’inesperienza, o diciamo pure ignoranza, dei miei inizi nel mondo del calcio. E sicuramente la cessione a Sgai».
Le viene imputato di non aver fatto tutte le verifiche necessarie.
«I controlli li ho fatti, eccome. Il nuovo acquirente mi era stato presentato dal dottor Nicola Lombardo, del Calcio Napoli, e comunque a marzo 2021 non c’era alcun sentore delle problematiche emerse successivamente. Dopo sono tutti bravi a fare i fenomeni. Ho chiesto a Sgai perché fossero interessati a una società di Busto Arsizio: hanno risposto che avrebbero voluto espandere il loro marchio nel Nord Italia. Ho sbagliato, sono errori che oggi non rifarei. Ma dopo ho riportato stabilità e serenità a livello societario. Ripeto, non ci sono più alibi».
Si ripartirà dal direttore Sandro Turotti?
«Ha un contratto, c’è stima reciproca, e non ho motivo di pensare qualcosa di diverso. Si è solo preso un periodo per riflettere su ciò che non ha funzionato».
Tra i capolavori del d.s., c’è sicuramente l’acquisto di Gatti, oggi alla Juve (e in Nazionale). Si sarebbe aspettata dal ragazzo qualche dichiarazione in più di riconoscenza nei confronti della società che l’ha lanciato nel calcio professionistico?
«Gli ho mandato un messaggio prima del suo esordio a Torino e mi ha risposto con l’emoji del bicipite gonfio, in segno di approvazione. È vero però che non ho letto interviste in cui abbia ringraziato la Pro Patria e il direttore Turotti».
Pensa che l’esperienza in politica l’abbia penalizzata?
«A livello umano sì, perché non ho potuto ripagare la fiducia delle tante persone che mi hanno votato. Colpa di un regolamento paradossale. E la mia vicinanza al sindaco Antonelli ha aumentato la schiera di chi non mi ama particolarmente».
Capitolo strutture: quando arriverà l’agognato campo d’allenamento in sintetico?
«Ho avuto la promessa ufficiale che entro la fine dell’anno sarà pronto. Non posso esserne certa al 100% perché non dipende da me. Ma voglio credere a quanto mi è stato garantito dall’amministrazione comunale».
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