L’INDAGINE
Prostitute per paura del voodoo
Nigeriana accusata di riduzione in schiavitù e sfruttamento: a giudizio anche marito e figlia
Riduzione in schiavitù e sfruttamento della prostituzione. È per queste due ipotesi di reato che il pubblico ministero della Direzione distrettuale antimafia di Milano Adriano Scudieri ha chiuso le indagini e chiesto il rinvio a giudizio per O.D., detta “Mama Shola”, 44 anni, commerciante ambulante nigeriana residente con regolare permesso di soggiornonel quartiere di Mazzafame.
La donna era finita a San Vittore a inizio del mese di luglio in seguito a un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip Roberto Arnaldi.
Secondo la tesi accusatoria, sotto il suo rigido e spietato controllo, la madame, tuttora sottoposta a carcerazione preventiva, avrebbe costretto a prostituirsi a Milano e nell’hinterland due ventenni, sue connazionali, le quali sarebbero state adescate con un rito voodoo nelle bidonville di Benin City, nello stato nigeriano di Edo.
Le carte delle indagini coordinate dai carabinieri di Legnano, guidati dal capitano Francesco Cantarella e basate sulla denuncia di una delle due vittime, fuggita in Puglia dopo tre mesi trascorsi sull’asse Legnano-Milano, hanno descritto una storia comune a migliaia di donne africane fatte arrivare in Europa e in Italia con il miraggio di un lavoro normale.
È giusto parlare di miraggio, perché in realtà, anziché il lavoro da commessa o da parrucchiera, non c’era che l’opzione della prostituzione alla luce del ricatto del debito da estinguere da chi ha organizzato il lungo e travagliato “trasferimento” dalla Nigeria al nostro Paese via Libia (non meno dell’equivalente di 25 mila euro) e del terrore che incutono i riti voodoo, un mix di superstizione, magia nera e richiami a un Dio vendicatore.
La richiesta di rinvio a giudizio riguarda anche il marito quarantottenne e la figlia venticinquenne dell’aguzzina. Entrambi, rimasti a piede libero, sono anche loro accusati in concorso della riduzione in schiavitù e delle sfruttamento della due giovani nigeriane, costrette a vivere nella casa della loro sfruttatrice a Legnano. In aggiunta, il capo famiglia dovrà difendersi dall’accusa di violenza sessuale commessa su una delle due poverette.
L’udienza preliminare del processo è fissata per metà del mese di gennaio.
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