ARTE E LADRI
Quel furto che portò la Gioconda a Dumenza
La recente incursione al Louvre e il “furto del secolo” di Vincenzo Peruggia
Da Napoleone a Leonardo, dai gioielli dell’imperatore al quadro della Gioconda, “gioiello” per eccellenza di Leonardo da Vinci e dell’arte mondiale. È destino dei grandi della terra, qualunque sia il loro ruolo, far parlare di sé nei secoli. Anche attraverso l’opera di ladri molto bene informati. La notizia che alcuni malviventi sono riusciti a penetrare nel più famoso museo del mondo per fare razzia di nove pezzi dalla collezione di monili preziosi appartenuti all’imperatore francese e alla di lui consorte Eugenia, riporta alla memoria quello che è passato alla storia come “il furto del secolo”. Il 20 agosto 1911 Vincenzo Peruggia, originario di Dumenza, piccolo paese di contadini e migranti sopra Luino, assunto come imbianchino al Louvre ebbe modo per diverso tempo di passare davanti alla Gioconda e pensò di fare un atto di patriottismo riconsegnando il celebre dipinto all’Italia, convinto che fosse stato portato oltralpe da Napoleone.
Cosa di per sé plausibile dal momento che il Bonaparte è stato tra i maggiori ladri d’arte che si siano fatti vedere nel Bel Paese, ma non sapeva, l’ingenuo operaio cresciuto in mezzo alle capre al pascolo sui monti del Varesotto, che lo stesso Leonardo aveva portato con sé la sua Monna Lisa offrendosi alla corte del re di Francia.
LA TELA SOTTO IL TAVOLO
La storia è piuttosto nota, anni fa la Rai ci girò anche uno sceneggiato (così si chiamavano allora le fiction), il mondo della musica leggera vi ha dedicato più di una canzone e non sono mancate le pubblicazioni in materia. Dopo due anni in cui rimase nascosta sotto il tavolo da cucina di Peruggia, tornato nel frattempo a casa, la tela venne proposta (altra ingenuità), senza chiedere denaro in cambio, ad un antiquario fiorentino che, verificatane l’originalità, non poté fare a meno di informare le autorità di polizia.
IL PROCESSO E GIOCONDINA
Si sfiorò lo scontro diplomatico tra Italia e Francia, ma dopo una sosta a Milano il quadro venne riconsegnato con tutti gli onori e le scuse ai confinanti cugini. Intanto Vincenzo Peruggia venne condannato ad 1 anno e 15 giorni per furto aggravato, pena poco dopo ridotta a 7 mesi e 8 giorni: troppo evidente il solo fine patriottico per infierire oltre, forse supportato anche dal clima politico che si respirava in quel momento.
Il processo si svolse, infatti, mentre stava per scoppiare la Grande Guerra, cui il Nostro partecipò finendo pure in campo di prigionia dopo essere stato catturato a seguito di Caporetto. Tornato libero, a fine conflitto tornò in Francia, si sposò e dall’unione nacque Celestina che, indovinate un po’, fino al giorno della sua morte nel 2011 venne da tutti chiamata Giocondina.
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