L’INDAGINE
Ricercato dal Belgio, trovato in ospedale: imprenditore arrestato
Sessantaquattrenne di Castellanza indagato per droga a Bruxelles: ora è in carcere a Busto

Quando la Squadra Mobile si è presentata al suo indirizzo, in corso Matteotti, ha trovato un caseggiato disabitato. Del sessantaquattrenne nemmeno l’ombra. La polizia l’ha rintracciato poco più tardi in ospedale a Legnano, dove si era recato per fare rifornimento di un farmaco per l’artrite reumatoide di cui soffre la compagna.
L’uomo - imprenditore edile italiano - ora è in carcere a Busto Arsizio, in esecuzione di un mandato di arresto europeo emesso dall’autorità belga. Il giudice istruttore Fabienne Serck gli contesta l’appartenenza a un’organizzazione albanese dedita alla produzione di sostanze stupefacenti, al furto e alla falsificazione di documenti, reati che in Belgio sono puniti con un massimo di quindici anni. Il consigliere delegato della corte d’appello ha già convalidato l’arresto. Assistito dall’avvocato Giuseppe Lauria, il sessantaquattrenne non ha acconsentito alla consegna al Paese richiedente e non ha rinunciato al principio di specialità. L’udienza per decidere sull’estradizione è fissata il 6 maggio.
Stando agli atti di indagine arrivati da Bruxelles l’uomo, tra ottobre 2024 e l’inizio del 2025, si sarebbe prestato - dietro un corrispettivo oscillante tra 500 e 1000 euro - a compiere viaggi in Belgio in cerca di immobili da prendere in locazione sotto falso nome per poi destinarli alla coltivazione di marijuana. A lui la polizia sarebbe risalita grazie al monitoraggio di una Mercedes guidata da un albanese legato al business degli stupefacenti, che girava per le strade di Bruxelles accompagnato da soggetti dall’aria equivoca. I dettagli dell’inchiesta non sono noti, nel fascicolo ci sono solo gli elementi necessari per fondare la richiesta di cattura.
Pare comunque che il sessantaquattrenne, usando carte di identità contraffatte, avesse affittato almeno tre degli undici appartamenti in cui gli investigatori lo scorso gennaio sequestrarono circa ottomila piantine. Ce n’erano ottocento in ogni piantagione indoor ed erano di eccezionale qualità perché i trafficanti non lesinavano sulla potenza delle lampade che ne garantiscono la crescita rigogliosa. Del resto l’energia elettrica non la pagavano loro: a monte dei contatori installavano un ponte per sottrarre la corrente necessaria agli impianti di riscaldamento e di illuminazione. L’indagato ha però subito voluto precisare la sua posizione: «Non ho mai visto una pianta di canapa. Gli albanesi mi contattavano, mi procuravano biglietti del volo, prenotazioni negli hotel, mi prelevavano in aeroporto, mi dicevano dove presentarmi e a che nome e io mettevo solo uno scarabocchio sul contratto».
Ma l’uomo non si domandava perché questi fantomatici albanesi si rivolgessero a lui per trovare un alloggio? «Le case che prendevo in affitto servivano ai lavoratori e alle loro famiglie perché in Belgio nessuno affitta agli albanesi».
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