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«Si parlerà di femminicidio, ma lei mi conosceva, sapeva che se mi avesse lasciato sarebbe uscita orizzontale, io non posso vivere senza di lei»: è una delle frasi che Vincenzo Gerardi scrisse nel testamento datato 18 marzo, destinato ai figli ma trovato dai carabinieri mercoledì sera nella sua camera da letto. Alla parete c’era un calendario, la data del 16 aprile era cerchiata di rosso, accanto a quelle precedenti c’erano le faccende da sbrigare. «La mamma viene via con me», comunicò al termine di quelle tre pagine olografe.

Tutto programmato

Ipotizzare la premeditazione nell’omicidio di Teresa Stabile non è una forzatura. Il cinquantaseienne aveva addirittura preso un giorno di ferie mercoledì e aveva prelevato 2600 euro che gli inquirenti gli hanno trovato in tasca. «Ero sceso a gettare la spazzatura, il coltello lo porto sempre dietro per lavoro, con quei soldi avrei pagato il mobile a induzione»: sono tutte le abborracciate giustificazioni che l’indagato ha dato al pubblico ministero Ciro Caramore durante l’interrogatorio dell’altra notte in procura. Assistito dall’avvocato Francesca Murdolo, l’uomo ha fatto un passo indietro rispetto al contenuto di quelle memorie. Non si è ucciso, anzi, ha trovato la lucidità per inviare un messaggio alla suocera: «Ho fatto quello che dovevo, chiama l’avvocato, buona Pasqua, ti voglio bene».

Nei prossimi giorni Gerardi comparirà davanti al gip Anna Giorgetti per l’udienza di convalida, con le idee più chiare e magari pronto a raccontare da quanto meditasse di eliminare la moglie che non lo voleva più accanto. A quanto pare era da tre anni che Teresa voleva mettere fine al matrimonio, altrettanti quelli trascorsi da Enzo a combattere contro questa decisione. «Non svegliare il can che dorme», diceva spesso alla madre dei suoi figli con un tono vagamente minaccioso.

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Sarah Crespi

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