IL PROCESSO
Omicidio Aloisio, sentenza il primo giugno
Fissata la data in cui la Corte d’Assise di Milano si pronuncerà. Il cadavere della vittima fu trovato il 28 settembre 2008 nei pressi del cimitero di San Giorgio su Legnano

Sarà il primo giugno la sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Milano nel procedimento sull’omicidio di Cataldo Aloisio, il trentaquattrenne originario di Cirò Marina ucciso da un unico colpo di pistola alla testa e il cui cadavere fu trovato la mattina del 28 settembre del 2008 nei pressi del cimitero di via Redipuglia a San Giorgio su Legnano.
RICHIESTI CINQUE ERGASTOLI
Dopo una lunga e accidentata rinnovazione istruttoria, finalizzata a raccogliere la testimonianza del collaboratore di giustizia Francesco Oliverio, il pm dell’Antimafia di Milano Cecilia Vassena e il sostituto procuratore generale Daniela Meliota, hanno presentato il conto ai giudici popolari e togati: cinque ergastoli. Tanti quanti sono gli imputati sotto processo: il presunto esecutore materiale del genero del boss ergastolano Giuseppe Farao, Vincenzo Rispoli, una sentenza definitiva per associazione di stampo mafioso che ha posizionato al vertice della cosca di ‘ndrangheta di Legnano e Lonate Pozzolo; suo cugino Vincenzo Farao, figlio di Giuseppe Farao; i due storici plenipotenziari della ‘ndrina di Cirò Marina Cataldo Marincola e Silvio Farao; e Vincenzo Cicino, l’ultima persona con cui fu ritratta la vittima all’uscita di un centro commerciale di Legnano.
I VERTICI DELLA COSCA
Che cosa rimproveravano i vertici della cosca di Cirò Marina ad Aloisio? A sentire il pm dell’Antimafia Vassena essenzialmente due cose: «Primo, Cataldo Aloisio aveva manifestato forti propositi di vendetta verso chi aveva deciso di uccidere l’assassinio dello zio Vincenzo Pirillo. Secondo, si era diffusa la voce che avesse rapporti con esponenti delle forze dell’ordine. Ed era vero, perché pochi mesi prima di morire Aloisio aveva incontrato a Malpensa un maggiore del Nucleo Investigativo dei carabinieri di Crotone, e gli aveva riferito importanti informazioni sulla cosca Farao-Marincola, sull’omicidio dello zio, sulla latitanza dei due capi e sulla rete di protezione che al Nord veniva garantita a Vincenzo Rispoli».
«ALOISIO ERA UN PERICOLO»
In estrema sintesi, Aloisio «rappresentava un pericolo, un serio pericolo per la vita stessa della cosca di Cirò Marina». Una tesi avversata da tutte le difese, che hanno ribadito con forza l’inattendibilità delle dichiarazioni dei due principali collaboratori: l’ex braccio destro di Rispoli Emanuele De Castro e Francesco Farao, figlio del boss Giuseppe. In primo grado, la Corte d’Assise di Busto Arsizio aveva condannato al “fine pena mai” il solo Rispoli, assolvendo tutti gli altri e quattro imputati. Il primo giugno il verdetto.
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