L’INCHIESTA SUL RACKET
Saronno, suicida per i debiti
Benedetto Conti guidò la sua auto contro un tir nel maggio 2011

Deve rispondere anche di detenzione di una Beretta calibro 9 clandestina, Bruno Sposato, cinquantaquattrenne di Corigliano Calabro arrestato dai carabinieri per associazione a delinquere finalizzata a estorsioni e turbativa d’asta. L’arma è stata trovata in casa durante la perquisizione di lunedì quindi la contestazione non rientra nell’ordinanza emessa dalla Dda. L’indagato verrà quindi interrogato dal gip Stefano Colombo entro domani. Oltre a Sposato sono finiti in carcere Carmelo Cilona, Francesco Cofone, Giuseppe Curino e Rosario Marcinnò. A Edoardo Fioramonte sono stati applicati gli arresti domiciliari.
IL SUICIDIO CONTI
Proprietario, insieme alla moglie, di un concessionario d’auto, scivolò in pesanti difficoltà economiche nel 2008, dopo l’incendio doloso subito dall’attività. Non è chiaro se i debiti contratti già nel 2009 - che ammontavano a poco meno di un milione - fossero conseguenza del rogo o di mala gestione, sta di fatto che quello fu il momento in cui allacciò rapporti con Pietro Santo Garzo e il figlio Michele (entrambi sottoposti al divieto di dimora in provincia di Varese). Il gip Luca Milani spiega nell’ordinanza: «La ricostruzione temporale degli eventi ricalca una dinamica già riscontrata in indagini sulla criminalità organizzata. Un soggetto con un’impresa in difficoltà accetta l’aiuto della criminalità pensando di aver trovato amici. Poi realizza che il prestito non potrà mai essere risarcito e che ciò lo costringerà a cedere l’attività». Il 31 maggio 2011 Benny morì in un incidente stradale anomalo, qualche ora dopo aver stipulato un’assicurazione. L’auto invase la corsia di marcia di un tir e si lanciò frontalmente senza neppure un tentativo di scansarlo. La moglie ottenne un risarcimento di 250mila euro, ma un mese più tardi Garzo iniziò a chiederle denaro che vantava dal marito. In tre anni la donna dovette consegnare poco meno di 70mila euro. «Se non trovi i soldi», le diceva l’indagato, «ti metto la testa in un sacco e il denaro te lo porti nella bara. Se tieni a tua figlia dammi ciò che mi devi».
PUBBLICI UFFICIALI
L’inchiesta coordinata dal pubblico ministero Sara Ombra enuclea episodi di turbativa d’asta che coinvolgono un ufficiale giudiziario competente per l’esecuzione e quattro amministratori della società nominata dal giudice della seconda sezione civile di Busto come custode dei beni pignorati a Edoardo Fioramonte e alla sua famiglia, tra cui il figlio Antonio, che stava scontando dodici anni per l’omicidio di un egiziano commesso a giugno del 2008 a Gerenzano. Il primo avrebbe omesso di sgomberare un immobile consentendo così agli esecutati di rimanerci dentro e di assistere alle visite dei potenziali acquirenti, intimiditi dalle loro minacce. Gli altri, nelle relazioni da presentare al giudice, avrebbero taciuto i comportamenti minacciosi di Fioramonte («la casa è nostra e ce la ricompriamo») e avrebbero anche dissuaso gli interessati a partecipare all’asta. «I soggetti che ricoprono simili incarichi svolgono la funzione di ausiliari del giudice, diventando titolari di pubbliche funzioni», spiega il giudice. Il pubblico ministero di Milano Ombra aveva infatti chiesto pure per loro l’applicazione di una misura di custodia per l’ipotesi di concorso con Carmelo Cilona e Giuseppe Curino in turbativa d’asta. Ma il gip Luca Milani ha rinviato ogni decisione all’esito di ulteriori accertamenti. Oggi intanto inizieranno i primi interrogatori di garanzia dei soggetti portati in carcere.
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