IL RITORNO
«Scelte sbagliate. Ora basta»
Il varesino Luca Rinaldi nuovo soprintendente: «Da piazza Repubblica a Villa Mylius, le tante opere incompiute frutto di un difetto di governance»

Cinquantotto anni, varesino, una laurea con lode in Architettura a Firenze e una carriera di primissimo piano nei quadri dirigenziali del ministero dei Beni culturali, Luca Rinaldi, è il nuovo soprintendente all’archeologia, belle arti e paesaggio delle province di Varese, Como, Lecco, Monza, Pavia e Sondrio.
L’incarico è stato ufficializzato pochi giorni fa e apre un nuovo capitolo di un intenso percorso professionale che ha avuto inizio nel 1990: Rinaldi è stato, tra l’altro, soprintendente della Lombardia Orientale, del Friuli Venezia Giulia, del Piemonte e infine della Liguria.
Architetto, lei è tornato a occuparsi di Varese poche ore dopo la nomina di Roberto Cecchi all’assessorato alla Cultura nella giunta del sindaco Davide Galimberti. In passato avete lavorato insieme e lei, vent’ anni fa, subentrò proprio a Cecchi come responsabile della Provincia di Varese. Intrecci curiosi.
«L’approdo di Roberto Cecchi a Palazzo Estense ha stupito me e tutti i nostri colleghi. Cecchi è stato per molti anni al vertice del Ministero, ma è tutto tranne che un burocrate, per quanto alto. E’ ancora una figura di riferimento per il mondo del restauro e della valorizzazione del patrimonio culturale ed è un grande acquisto per la nuova giunta varesina, soprattutto se, come è stato detto, si trasferirà in città».
Tra i progetti che il sindaco ha affidato all’assessore c’è il rilancio del Sacro Monte.
«Ripartire dal Sacro Monte può non essere una decisione originale, ma è vero che il Viale delle Cappelle, il Santuario e il borgo sono oggi una delle poche ragioni reali, assieme a Villa Panza, per decidere di visitare Varese. Il Sacro Monte non ha bisogno di nuovi restauri, ma di una programmazione della manutenzione delle opere portate a termine ormai trent’anni fa su impulso di monsignor Pasquale Macchi, magari con qualche correzione di scelte sbagliate che io avevo puntualmente denunciato già allora. E’ un modello di gestione di alcuni Sacri Monti piemontesi, che ho seguito come soprintendente di Torino. Poi certo c’è la questione del parcheggio che dovrà essere affrontata e risolta».
Varese oggi è una città con molte opere incompiute: da piazza Repubblica con la ex Caserma Garibaldi a Villa Mylius e a Villa Baragiola.
«Questa situazione è il frutto, parlo da cittadino varesino, di confusione di scelte e di un difetto di governance. Non si può abbandonare a metà il recupero di Villa Baragiola, pubblicare un bando per villa Mylius e poi annullarlo, puntare tutto sulla demolizione della ex caserma quando era evidente che non vi era alcun reale pericolo di crollo e che la Soprintendenza mai avrebbe accettato la demolizione. Si tratta pur sempre della più evidente testimonianza storica del Risorgimento varesino, il primo importante edificio pubblico eretto dopo la liberazione dagli Austriaci. Vogliamo poi ricordare altre vicende della piazza, la dolorosa demolizione del Mercato coperto, di gusto Decò, e la costruzione del centro commerciale? Ma ci sono altre ferite aperte, come il degrado del Castello di Belforte e, soprattutto, il disfacimento delle architetture del Sommaruga al Campo dei Fiori. Mentre venivano pubblicati libri patinati sul Liberty varesino il degrado è avanzato inesorabile».
Su questi temi che tipo di apporto potrà arrivare da un soprintendente varesino e dalla nuova Amministrazione comunale?
«La leale collaborazione tra istituzioni non è più una stoica virtù, ma una necessità contingente. Il nostro compito di tutelare e valorizzare il patrimonio e il paesaggio non si risolve con i dinieghi, ma con l’indicazione di soluzioni più compatibili. Io ho sempre agito così. C’è poi il problema dell’assoluta carenza di risorse, legata alla crisi. In questo contesto, la condivisione delle scelte è ancora più essenziale».
Nelle sue competenze ricade anche la qualità del paesaggio urbano.
«Un impegno comune prioritario per la città dovrà essere il risanamento dell’area delle Stazioni e degli insediamenti produttivi dismessi lungo la ferrovia. Un’area strategica centrale in totale abbandono. Anche qui, dopo tante parole, tutto sembra fermo».
Nel settore dei beni culturali, invece qualche cosa recentemente si è mosso in città. Quali interventi l’hanno convinta, e quali meno?
«Ho seguito con piacere la recente riscoperta dei resti del quattrocentesco Convento dell’Annunciata, in via Medaglie d’Oro, con l’Ultima Cena del Magatti, frutto di un lavoro di ricerca della Soprintendenza che vorrei fosse pubblicato. Mi ha invece assai poco convinto il restauro della cripta al Sacro Monte. Una scelta davvero inspiegabile. Si sono rimossi i sostegni di Ludovico Pogliaghi, degli anni Trenta, per metterne altri, visivamente molto invasivi perché nascondono in parte le colonnine romaniche. Per non parlare delle luci, del pavimento vetrato... Così la cripta, a mio giudizio, ha perso il proprio fascino».
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