IN TRIBUNALE
Contesa da due uomini: spari e coltellate a Sesto Calende
In quattro a processo per tentato omicidio e lesioni gravi

Fu un sabato sera di sangue quello del 15 ottobre 2022: intorno alle 22 un accoltellamento davanti al bar sestese in piazza Garibaldi, venti minuti più tardi una raffica di proiettili sparati a Vergiate contro una macchina in cui c’era un bimbo di diciassette mesi. I due episodi erano correlati, i carabinieri lo capirono subito. Altrettanto celere fu l’identificazione dei due gruppi antagonisti. A tre anni esatti di distanza il gup Sara Cipolla ha rinviato a giudizio due fratelli di trentuno e ventisette anni, accusati di lesioni aggravate, e due trentacinquenni a cui il pubblico ministero Roberto Bonfanti contesta il tentato omicidio. Difesi dagli avvocati Francesco Marchese, Davide Toscani e Barbara Ballarati, hanno scelto di chiarire le responsabilità davanti al collegio; il processo dibattimentale partirà a giugno.
Faida d’amore
Fulcro della vicenda una ventinovenne gallaratese che tra aprile e giugno del 2022 ebbe una relazione con il più grande dei fratelli. Si lasciarono perché la storia non decollava, a fine luglio la ragazza iniziò a frequentare un altro uomo, quello che poi si beccò le quattro coltellate a Sesto. Tra l’ex e il successivo fidanzato a quanto pare c’era una reciproca antipatia, acuita forse dall’atteggiamento opaco della gallaratese. A fine settembre tra i due ci fu una prima discussione davanti a un pub di Vergiate, scaturita da uno scambio di messaggi tra la ragazza e l’ex, il quale fece sentire la sua vicinanza per il lutto del nonno. «Va bene, le hai fatto le condoglianze ma non ti devi allargare», fu l’avvertimento lanciato al rivale dal compagno in carica. L’ex reagì afferrandolo per il collo ma l’episodio si risolse senza drammi. Ma la faida, destinata a coinvolgere anche le famiglie, non era ancora conclusa.
Secondo round
A distanza di neppure un mese l’agguato in piazza a Sesto Calende: il trentunenne e il fratello aggredirono il nuovo fidanzato con calci e pugni e poi con fendenti inferti con una lama di almeno dieci centimetri. L’uomo venne trasportato d’urgenza in ospedale e nel frattempo uno dei sestesi con cui stava trascorrendo la serata chiamò suo fratello e lo avvertì, indicando evidentemente gli aggressori. Al trentacinquenne - che in quel momento era in un bar vicino a Varese con un coetaneo - salì il sangue al cervello. Saltò in macchina con l’amico e si diresse senza esitazioni verso Vergiate, davanti all’abitazione degli antagonisti. C’era un’auto parcheggiata con a bordo proprio loro, altri parenti - tra cui una sorella con il figlio piccino - erano accanto alle portiere. Il trentacinquenne - che a quanto pare girava armato - fece fuoco con una pistola calibro 6.35. I colpi non raggiunsero gli obiettivi, ma i vetri andarono in mille pezzi e provocarono escoriazioni. Per il bimbo fu un mezzo shock. L’allora pubblico ministero Stefania Brusa (oggi giudice a Varese) risolse il caso in un breve arco temporale ma non ritenne di chiedere misure cautelari.
Gli insulti
Dopo la sparatoria arrivò una pioggia di messaggi poco lusinghieri alla ventinovenne contesa. «È colpa tua, guarda cos’hai combinato, ora sei morta pure te, ammazzo te e a tutti quelli che siete. C’era pure mio figlio nella macchina, ti veniamo a prendere e ti scanno»: vocali pesantissimi quelli inviati dalla sorella dei vergiatesi che per fortuna non trovarono seguito. Nel frattempo i suoi fratelli sono finiti in carcere in Sicilia per tutt’altra vicenda.
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