LA DENUNCIA
«Così ci infettiamo tutti»
A Somma lo sfogo di chi lavora in ospedale nel reparto di Medicina

«Cinque contagiati, altri in attesa di tampone. C’è chi ha febbre alta, chi ha perso gusto e olfatto, chi ha la diarrea. Tutti a casa in isolamento». All’ospedale «Bellini» di Somma Lombardo una voce spezza il silenzio forzato dalla paura di essere identificati dai vertici sanitari. Ma la situazione del reparto Medicina merita di essere conosciuta.
Lì non ci sono pazienti Covid. Ci sono malati che, dopo il ricovero e per ben altre ragioni, si sono rivelati positivi. «Se avessimo avuto protezioni adeguate non ci saremmo ammalati - rivela chi appartiene al mondo sanitario - Invece è toccato anche a noi. Qualcuno è stato graziato, ma molti si sono infettati. Dodici sono in malattia». Il tutto fa il paio con il reparto di Riabilitazione funzionale che da giorni accoglie pazienti Covid: anche lì infermieri e Oss con tampone positivo.
«A chi era ricoverato da noi e ha manifestato chiari sintomi è stato fatto il tampone - dice chi lavora in Medicina e chiede l’anonimato - Ad alcuni prima era negativo, poi è risultato positivo: sono stati spostati nel reparto Covid. Per altre persone dello staff si attendono gli esiti del test. C’è chi è a casa con la febbre e chi lavora ininterrottamente. Un disastro che si poteva prevedere, per come stanno andando le cose. Se ci avessero dotato subito delle protezioni dei reparti speciali avremmo evitato guai, invece avevamo solo mascherine chirurgiche. Ora siamo tutti nella stessa barca, noi e i pazienti».
Di questo e di molto altro si è parlato lunedì 6 aprile in un incontro tra le diverse sigle sindacali presenti nell’Asst Valle Olona, il direttore amministrativo Marco Passaretta, il capo del personale e il responsabile della sicurezza. A quanto pare i rappresentanti dei lavoratori hanno rovesciato sul tavolo virtuale (si era in video conferenza) tutto quanto da oltre un mese avevano da contestare senza avere l’occasione di uno scambio come quello.
«A Somma chi si è trovato in un reparto Covid non ha nemmeno avuto dei corsi di formazione, hanno mostrato dei tutorial presi da Youtube. Alla faccia di una seria formazione. Collocare lì un reparto coronavirus è assurdo: un ospedale così piccolo andava lasciato fuori dai giochi - dicono i sindacati - A Gallarate le cose non vanno meglio. La responsabile del pronto soccorso è ricoverata per coronavirus. Ci sono alcune ostetriche positive, in isolamento a casa. Altri medici sono infettati».
La lettera partita da qualche dipendente di Saronno lunedì, al Sant’Antonio Abate fa bollire il sangue: «Certe insinuazioni sono prive di senso. Altro che ospedale free, qui al pronto soccorso turnano neurologi, cardiologi, tutti sanno affrontare una situazione pazzesca. Dire che qui non si lavora per il Covid è assurdo: c’è grande spirito di sacrifico, c’è tanta paura ma si va avanti. Si tiene duro e non ci si lamenta». Eppure le cose non vanno benissimo: «Non sono separati i percorsi sporco/pulito, non ci sono linee ben chiare sulla tutela personale. Mancano mascherine e calzari per tutti. È stato persino chiesto di riciclare camici monouso e mascherine e cuffiette: cose dall’altro mondo».
Il disappunto spazia su molti fronti. La sicurezza personale è il tema più sentito. «Non si manda allo sbaraglio la gente così, se continuano ad ammalarsi i sanitari chi curerà i pazienti? - si chiedono altri esponenti del mondo sindacale - I timori riguardano anche i trasporti, spesso fatti di sera: le ambulanze vengono disinfettate ogni volta? E chi trasporta i malati quanto rischia? Negli ospedali c’è promiscuità di percorsi, si usano gli stessi ascensori che usano tutti. Diventa una roulette russa ammalarsi o no. L’Asst dice di avere fatto tutto con criterio, ma ci pareva in imbarazzo».
Ogni sede pare avere i suoi guai: «Busto con un alto numero di respiratori è stata subito indicata come struttura per infettivi. Saronno paga il fatto di avere accolto molti trasferimenti dalla Bergamasca. Siamo tutti in situazione di emergenza. E il tema tamponi è da scandalo: non si capisce perché non vengano fatti nei singoli presidi. Se un medico o un infermiere ha dei forti sintomi deve andare a Busto a fare il tampone, magari con la febbre alta. È veramente assurdo. Tutti devono raggiungere la Medicina Preventiva. Senza senso».
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