IL DUPLICE OMICIDIO
Sorelle bruciate: confermati 25 anni ad Agrati
Respinto in Cassazione il ricorso dell’accusa che chiedeva l’ergastolo per il 72enne. Il rogo nel 2015 a Cerro Maggiore

Il rischio di tornare in appello e di vedersi ripristinato l’ergastolo non gli dava pace. Soprattutto perché Giuseppe Agrati si è sempre professato innocente rispetto all’omicidio delle sorelle Carla e Maria. La prima sezione penale della Corte di cassazione venerdì 28 aprile ha però respinto il ricorso del sostituto procuratore generale Maria Vittoria Mazza: il verdetto di secondo grado con cui, lo scorso 28 settembre, il settantaduenne venne condannato a venticinque anni di reclusione è a questo punto intoccabile. Un secondo processo in corte d’appello sarebbe stato una roulette russa.
Agrati - che nel frattempo ha nominato l’avvocato Francesca Cramis - da un punto di vista procedurale non poteva difendersi. I precedenti legali non impugnarono il pronunciamento di secondo grado, ritenendo che venticinque anni fossero comunque un successo dopo la batosta davanti alla Corte d’assise di Busto Arsizio che aveva riconosciuto l’aggravante della premeditazione.
Il pensionato aveva quindi solo due sbocchi: la conferma di quanto incassato oppure il rinvio a un nuovo giudizio d’appello che avrebbe potuto concludersi con il carcere a vita.
Carla e Maria, morirono nel rogo scoppiato nella notte tra il 12 e il 13 aprile 2015 nell’abitazione di via Roma in cui viveva anche Giuseppe. All’epoca la procura di Busto Arsizio non ravvisò elementi per sostenere un duplice omicidio volontario. E così chiese l’archiviazione del fascicolo aperto con un’ipotesi colposa.
I parenti avevano però forti sospetti su quell’uomo eccentrico, che raccontava di aver concluso gli studi di medicina e di avere tre figli, due dei quali con la sorella di Jodie Foster, a cui aveva donato il seme.
Il nipote Andrea fece opposizione alla richiesta degli inquirenti indicando tutte le sue ragioni di perplessità. E prima ancora che venisse fissata una data davanti al gip di Busto per decidere se procedere oppure no, intervenne la procura generale della corte d’appello di Milano. A parere del sostituto pg Mazza «Agrati ammazzò le sorelle perché temeva di perdere l’eredità a favore dei nipoti, figli di un quarto fratello (papà di Andrea), morto dieci giorni prima dell’incendio».
Nell’impugnazione il magistrato della Corte d’appello fece una ricostruzione impietosa: «Giuseppe Agrati ha condannato a morte le due sorelle utilizzando plurimi inneschi per appiccare il fuoco con un comune liquido infiammabile rinvenuto nell’abitazione. Dopo aver dato il la all’incendio nel cuore della notte, ben sapendo che le due sorelle si erano già ritirate e stavano dormendo, si è dato alla fuga vestito; ha ritardato a lanciare l’allarme; ha taciuto la presenza di Carla e Maria in casa; e ha anche fatto finta di voler domare le fiamme». Dunque un piano organizzato per tempo.
Ma la premeditazione non è stata riscontrata nel secondo grado di giudizio e per la Cassazione non c’è stata alcuna violazione di legge nella concessione delle attenuanti generiche né si può parlare di illogicità di carenza di motivazione sull’esclusione dell’aggravante.
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