Spagna
Spagna, verso il nuovo voto: Podemos si allea con comunisti Iu
Prima iniziativa politica in vista del 26 giugno

Roma 10 mag. (askanews) - Con la firma ufficiale del pre-accordo fra Podemos e Izquierda Unida - che sarà ratificato nei prossimi gironi dalle rispettive basi - il partito di Pablo Iglesias cerca di compensare la caduta nei sondaggi e muove la prima pedina in quella che sarà una lunghissima campagna elettorale di qui al 26 giugno.
Come nota il quotidiano spagnolo El Pais la nuova coalizione di sinistra - che aspetta ancora di ricevere un nome e un logo, oltre al programma minimo - è di un'ampiezza senza precedenti nella democrazia spagnola recente, sia per la scala, nazionale, che per il volume di voti potenziali, circa sei milioni.
Per Podemos si tratta di un passo indietro rispetto alla scelta adottata prima del voto del 20 dicembre, quando accettò di discutere con Iu solo delle alleanze su scala regionale o locale: ma sei mesi fa la formazione di Iglesias sperava di poter sorpassare da sola i socialisti del Psoe e diventare la forza egemonica della sinistra.
Oggi il fallimento delle trattative per la formazione di un nuovo esecutivo - da cui la ripetizione del voto, per la prima volta nella storia della democrazia spagnola - vede però Podemos pagare lo scotto di un atteggiamento percepito come ostruzionista: gli ultimi sondaggi lo danno in calo di ben tre punti percentuali rispetto allo scorso dicembre, e solo la coalizione con Iu (+1,7%) potrebbe garantire l'agognato sorpasso.
Non che il risultato sia scontato: non è detto che l'accordo sia accolto entusiasticamente da tutti gli elettori di entrambe le formazioni, senza contare che il sistema elettorale spagnolo tende a punire le formazioni più piccole a danno di quelle maggiori; anche per questo motivo Iglesias ha provato a giocare la carta di un accordo con il Psoe, limitatamente però al Senato, in modo da acquisire la maggioranza necessaria alla Camera alta - saldamente controllata dai conservatori del Partido Popular - in vista di una possibile riforma costituzionale.
Dal Psoe è arrivato per ora un cortese "no grazie", un modo per ribadire un netto distinguo fra la sinistra radicale rappresentata dalla nuova coalizione e il centrosinistra in cui si rispecchia il partito di Pedro Sanchez, che spera in tal modo di recuperare voti fra l'elettorato più moderato. Sanchez poi ha incassato il sì della base a una ricandidatura come presidente del governo, che sarà verosimilmente ratificata al prossimo congresso: niente primarie, dunque, mentre la resa dei conti interna viene rimandata all'esito del voto e delle successive trattative.
Mentre da destra Ciudadanos accusa Podemos di "aver scelto il comunismo" e il premier uscente Mariano Rajoy si limita a ripetere che "non è il momento dei dilettanti" e dunque invita a dare fiducia a un governo - e un leader - già sperimentato, il rischio concreto sondaggi alla mano è che il 27 giugno i partiti si ritrovino al punto di partenza.
Il Pp cala infatti dell'1,3% ma nonostante gli innumerevoli scandali legati alla corruzione rimane il partito più votato con il 27,4% delle preferenze; il Psoe non viene premiato per l'impegno a sbloccare al crisi istituzionale, e cala dello 0,4%; peggio, come detto, va a Podemos che scende al 17,7% mentre a guadagnare sono appunto Iu (al 5,4%) e la destra di Ciudadanos, che si conferma quarta forza con il 15,6% (+1,7%).
Nessuna possibilità dunque di maggioranza semplice o di coalizione a due, anche se l'attuale aumento delle preferenze di Ciudadanos potrebbe portare un'ipotetica alleanza di destra con il Pp assai vicino alla quota necessaria di 176 seggi: ma non va sottovalutata la natura antagonica delle due formazioni, con C's che nutre nei confronti del Pp la stessa ansia di sorpasso di Podemos con i socialisti.
Alla finestra rimangono i nazionalisti catalani, che si sono ritrovati pomo della discordia fra Podemos e i socialisti, contrari questi ultimi a qualsiasi concessione in termini di referendum di autodeterminazione: una concessione che farebbe guadagnare consensi alla branca catalana del Psoe, il Psc, ma rischierebbe di provocare un tracollo nella altre regioni.
La questione è solo rimandata: Barcellona ha ammorbidito i toni rimandando ogni dichiarazione unilaterale di indipendenza al 2017. Ma per risolvere definitivamente (o almeno accantonare per un po') il problema sarà necessario che a Madrid vi sia un esecutivo autorevole, non fosse altro che per avviare quella
riforma costituzionale considerata la possibile soluzione alla
crisi ma che necessita di un consenso tanto ampio quanto al
momento inesistente.
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