LA FOLLIA
Spari in caserma: "Mi sfottevano"
Interrogato dal giudice, Marchese confessa: ha preso la pistola da un armadietto aperto

Pentito ma in un certo senso autoassolto: «Mi sfottevano, mi facevano battutine, mi sono sentito preso in giro e ho perso la testa. Ma sono profondamente dispiaciuto per ciò che ho fatto»: Salvatore Marchese è comparso la mattina di giovedì 5 marzo davanti al gip Nicoletta Guerrero per l'udienza di convalida.
C'erano ben sette agenti della polizia penitenziaria a scortarlo nella sala del carcere riservata agli interrogatori e questo dimostra quanto alto sia il livello di attenzione nei suoi confronti.
«Viste le sue condizioni mentali nominerò il consulente Mario Girola per eseguire una perizia psichiatrica e intanto chiederò che Marchese venga collocato in una struttura idonea», annuncia l'avvocato Davide Toscani.
L'indagato non si è dilungato molto con il giudice, ha sostanzialmente ammesso ogni responsabilità e ribadito quanto già dichiarato al suo difensore subito dopo l'arresto.
Ha insomma parlato di una sorta di raptus scoppiato perché incompreso dai carabinieri ai quali si era rivolto per tornare dietro le sbarre, esasperato dalla detenzione domiciliare cui era sottoposto.
Ciò che è davvero accaduto nella caserma di largo Verrotti nella notte tra lunedì 2 e martedì 3 marzo è comunque ancora da ricostruire nei dettagli. Marchese ha dato la sua versione: la pistola d'ordinanza di un carabiniere che aveva già smontato dal servizio l'ha trovata all'interno di un armadietto che era chiuso ma con la chiave inserito nella serratura.
Ma cosa lo avrebbe indotto ad aprire proprio quello sportello? Semplice: «C'era attaccato un adesivo che ritraeva una pistola, ho pensato che all'interno potesse essercene una». Bingo.
Così mentre i militari erano alle prese con gli atti da redigere sull'ennesima evasione del ventottenne - già noto per la sua inclinazione a sparare facile -, lui si è impossessato della Beretta di un appuntato. E qua emerge un primo punto da chiarire.
«L'ho tenuta in mano per circa un quarto d'ora, dieci minuti, prima di aprire il fuoco», ha raccontato al gip Guerrero, precisando che ovviamente se l'era nascosta addosso. Eppure trapela un'indiscrezione. L'arma sarebbe rimasta in suo possesso per un paio d'ore: possibile?
Inoltre Marchese ha raccontato di essersene andato via dalla caserma - dopo aver ferito a colpi d'arma da fuoco tre militari mancandone un quarto solo per puro caso - schiacciando il pulsante della porta d'ingresso principale, approfittando del fatto che anche il piantone fosse stato messo fuori gioco dai proiettili.
Ma la fuga descritta negli atti risulta molto più rocambolesca: il ventottenne sarebbe scappato dal retro, scavalcando il cancello.
Di certo gli inquirenti, coordinati dal pubblico ministero Maria Cardellicchio, avranno acquisito le immagini di videosorveglianza e quindi ogni apparente discrasia verrà presto risolta.
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