LA SENTENZA
“Svuota” conto della zia: assolta
Aveva prelevato 355 volte per un totale di 100.000 euro ma aveva una delega. Cancellata la condanna di primo grado

Pieni al distributore, compere al supermercato, vacanze al mare, shopping di scarpe, abiti su misura e gioielli, ristoranti giapponesi, cure dentistiche, canone Rai e persino un terreno al camposanto di Castellanza per tre loculi.
Una lista di spese da oltre 100 mila euro fatta però coi soldi dell’anziana zia, che le aveva dato in delega la gestione del conto corrente.
Per il Tribunale di Busto Arsizio quegli esborsi di denaro non potevano che essere inquadrati come un macroscopico caso di appropriazione indebita.
Ragion per cui l’imputata, una donna di 51 anni residente a Gorla Minore, accusata di aver prelevato più di 355 volte in un paio d’anni tra il 2010 e il 2012 (con passaggi al Bancomat da 500 euro alla volta anche un giorno dopo l’altro) aveva subito una punizione esemplare: due anni e quattro mesi di reclusione senza condizionale più la restituzione del maltolto alla zia, nel frattempo deceduta nell’aprile scorso in una casa di riposo di Busto Arsizio.
Di diverso avviso i giudici della Corte d’Appello di Milano che, accogliendo il ricorso proposto dai legali di A.B., gli avvocati Georgia Donadeo e Davide Toscani, hanno al contrario optato per una sentenza di assoluzione con formula piena.
Le motivazioni saranno depositate a breve, ma è del tutto evidente che ha prevalso la chiave di lettura prospettata dalla difesa e, cioè, che tutte le operazioni contestate sono state
«Legittimamente effettuate e autorizzate in forza a una delega espressa rilasciata alla nipote».
Una delega a tutto tondo attraverso la quale l’anziana signora - ex infermiera con la passione della pittura - dalla vita austera e risparmiosa (era riuscita a mettere assieme un bel gruzzolo di diverse centinaia di migliaia di euro in seguito donati con testamento alla casa di riposo in cui ha trascorso gli ultimi anni della sua vita) - aveva dato il permesso alla nipote di disporre del proprio conto corrente anche per prendere soldi per sè.
L’imputata dunque, delega bancaria alla mano, avrebbe agito nel pieno rispetto della delega. Come a dire: tutto in regola, al contrario di quanto era emerso in sede di denuncia della signora. Denuncia effettuata tramite l’amministratore di sostegno, su segnalazione dei funzionari della banca, insospettiti dalla girandola di operazioni effettuate dalla nipote.
«La Corte ha ribaltato una sentenza di primo grado che appariva profondamente ingiusta.
Peraltro la pena del primo grado appariva totalmente fuori misura, tenuto conto che l’imputata era incensurata e la pena base del reato di appropriazione indebita è di soli 15 giorni», ha commentato l’avvocato Toscani.
«In ogni caso, l’assoluzione con formula piena spazza via ogni ulteriore considerazione, consentendo all’assistita di guardare con fiducia alla giustizia».
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