L’INTERVISTA
ThisGelo si racconta, tra Varese e il rap in dialetto
«Ho provato a smettere con la musica, ma non sono riuscito. Ero a un punto morto con l'italiano e ho trovato nuova carica»
Lui è un artista che unisce rap e dialetto lombardo. Un mix che ha catturato un pubblico di giovani incuriositi da questo stile e di adulti interessati a sentire la loro lingua sotto una nuova veste. A un mese di distanza dall’uscita del suo album abbiamo intervistato ThisGelo - Lorenzo Pellegrini all'anagrafe, rapper nato nella Città Giardino 35 anni fa da mamma varesina e papà senegalese - per conoscerlo meglio e vedere come sta andando il suo progetto.
Presentati per chi ancora non ti conosce:
Ciao, sono Lorenzo, in arte ThisGelo, ho 35 anni e vengo dalla città di Varese e faccio rap in dialetto lombardo, anzi come sarebbe corretto dire, lingua lombarda. Lo specifico sempre, ma poi comunque sotto i commenti mi rompono le scatole. Sono super pignoli però bisogna vedere se veramente lo parlano anche quelli che mi bacchettano.
Hai avuto difficoltà a scrivere in dialetto?
In realtà no, sono partito subito a cannone con i primi pezzi, ma poi ho un po' esaurito il mio vocabolario e quindi dopo c'è stato anche un lavoro di ricerca letterale. Ho scoperto un sacco di parole che non conoscevo neanch'io, tutt’oggi quando scrivo ne imparo di nuove. Mi sono divertito molto è stato veramente bellissimo, ero arrivato a un punto morto con l'italiano e una nuova lingua mi ha dato nuova carica, è come se fossi ripartito da zero.
Com’è stato il feedback durante i live da parte di un pubblico giovane, lontano dal parlare in dialetto, figuriamoci cantare?
Bellissimo, non immaginavo di vedere un pubblico così eterogeneo. C'erano ragazzini di 18 anni in mezzo al pubblico che cantavano a memoria i testi in dialetto. Allo stesso tempo un sacco di adulti, questo mi ha esaltato, non ne avevo mai visti a dei live rap, soprattutto così coinvolti.
C’è chi ti paragona all’artista napoletano Geolier, ma lui utilizza un dialetto più diffuso: a livello di pubblico ti ritieni più in difficoltà a usare una lingua quasi in disuso come la nostra? O ti senti più un precursore?
Sicuramente il fatto di usare un dialetto che non usa più nessuno può essere un po' un freno, perché magari potrebbero dire "Non capisco niente e quindi non me l'ascolto”. Allo stesso tempo però è anche una cosa molto identitaria, quindi si, mi sento anche un po' un precursore in questa cosa. Capisco che può essere limitante per alcuni ma, secondo me, è anche il punto di forza della mia musica.
"Erburìn" chiude il disco e racconta di più sulla tua infanzia, com'è stato essere di origini africane e crescere nella provincia di Varese?
Secondo me è diverso rispetto a oggi, ora ci sono molti più figli di seconda generazione e c’è una popolazione molto più variegata in giro. Ai miei tempi ero sempre l'unico nero in classe, nella squadra di basket, di calcio. Non posso dire di essermela vissuta male, però comunque ci sono stati episodi di razzismo soprattutto da parte degli altri bambini. Crescendo, i comportamenti razzisti ci sono ancora, ma in una forma più velata. Sicuramente è una cosa che sentivo di più da piccolo, da adulto ci faccio meno caso, mi sono fatto la pelle.
Ironizzi spesso nei tuoi video e testi sullo stupore e sdegno degli anziani dal fatto che rappi e parli in dialetto, il pubblico come lo ha percepito?
In realtà gli anziani per me sono come l’incarnazione di uno stereotipo. Hanno un grande potenziale comico e soprattutto rendono bene l'idea del dialetto, poi la figura dell'anziano in contrapposizione a un nero che parla in dialetto è molto più marcata. Ma nella realtà dagli anziani ho avuto reazioni molto positive.
Il pubblico, invece, mi sembra che si sia divertito un sacco, per molti è un effetto scioccante.
In un’epoca in cui TikTok domina le playlist, tu proponi video lunghi in orizzontale: come lavori sulla produzione video?
Le idee dei video di solito nascono da me: mi piace scrivere la sceneggiatura, i personaggi e i dialoghi degli skit recitati. Arrivati sul set ho già tutto pronto e poi, naturalmente, c'è il videomaker e sta alla sua abilità nell’impacchettare tutto e di risolvere eventuali imprevisti.
Le comparse, invece, le trovo su Instagram, faccio annunci nelle storie e la gente si propone.
Gli skit recitati potrebbero funzionare anche in verticale: inizialmente non ci ho fatto neanche caso, forse per inesperienza. Il video introduttivo di “VA A CIAPÀ I RATT”, l'ho messo in orizzontale, perché il videoclip in sé era già stato girato in orizzontale. Però gli ultimi contenuti su TikTok li sto mettendo tutti in verticale. Insomma, mi sono modernizzato.
Le tue tracce su Spotify partono dal 2018 con un primo album, ma poi ci sono solo singoli sporadici fino all’esordio dei brani in dialetto nel 2024. Qual è il tuo rapporto con la musica?
Nel 2018 è uscito il primo album su Spotify, però ho fatto il mio primo EP nel 2016, l’ho pubblicato in free download sulla mia pagina Facebook.
Mi sono approcciato al fare musica nel 2014, ero già naturalmente un grande fan del rap, ero in fissa con i Club Dogo e Fabri Fibra però non mi ero mai messo a scrivere. Poi a 24 anni mi sono detto "Vabbè, proviamo".
All'inizio ho fatto i primi esperimenti, circa due anni di pratica e, appunto, ho pubblicato quel primo EP, lì mi misi più seriamente, avevo formato un team dietro di me e iniziai i primi live tra il 2016 e il 2018. Poi effettivamente sì, dal 2018, c’è stato un buco nelle pubblicazioni, non ho mai smesso di scrivere, ma ero in un periodo in cui non sapevo bene dove volessi andare. Ho aspettato un attimo e quando ho capito la mia direzione ho cominciato a pubblicare singoli e da lì è iniziata la roba in dialetto. Il mio rapporto con la musica è sempre stato viscerale, mi fa andare avanti. Ho provato a smettere qualche volta, ma non ci sono riuscito, ne sento proprio il bisogno.
Vares’Hot è stato un unicum o replicherai altri dischi in dialetto?
Visto il successo ottenuto sicuramente replicherò. Sto già scrivendo robe nuove, ma non voglio spoilerare cosa farò, però il dialetto ci sarà ancora, assolutamente.
Porterai in giro “Vares’Hot” per altri live durante quest’estate?
Ho già fatti un paio di live dall’uscita del disco, tra cui il Voodoo Fest. La settimana prossima sarò a Montonate alla “Montonight”, il 25 luglio sarò a Lecco, aprirò il live di Nello Taver.
Ho un paio di date a settembre e novembre, quindi sì, sto girando.
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