LA SCOPERTA
Caccia ai reperti napoleonici
Un’associazione perlustra la zona alla ricerca di tracce storiche: è nato un museo

Monete, monete a volontà a Turbigo: a dispetto dei verdetti storici, l’aquila bicipite con profilo dell’imperatore d’Austria sul lato opposto è in maggioranza.
Il Parco Ticino non è solo rifiuti. Anche bottoni di casacche, fibbie di scarpe e cinturoni, giberne, pallottole di fucile, gemelli da ufficiale. «In un anno non saprei dire quanto abbiamo trovato, perché ho perso il conto. Di certo, si è recuperato abbastanza da riempire un’intera bacheca». Intanto Daniele Solivardi mostra i locali un tempo della biblioteca civica: al secondo piano dell’ex municipio, in fondo a un corridoio dove è stato allestito un museo delle arti e mestieri, al di là di una porta che si apre di domenica mattina e gli altri giorni su richiesta, si squaderna una storia che più eroica non si potrebbe.
Eppure in città è poco nota: «Questo è un paese che ha dato il proprio nome a due battaglie, delle quali ad essere ricordata di più è forse quella meno significativa».
Sessant’anni prima del 3 giugno 1859, quando fu appena una scaramuccia a condurre le truppe franco-piemontesi verso la più celebre battaglia di Magenta, a Turbigo passò e vinse nientemeno che Napoleone Bonaparte.
Era il 31 maggio 1800 e con la presa del paese che garantiva un rapido accesso a Milano, il futuro imperatore poneva le basi per la sua vittoria prediletta, quella di Marengo. Perciò a Parigi come a Marsiglia, è facile imbattersi in Rue de Turbigo: «Invece, qui da noi è mancata per lungo tempo la memoria di quell’impresa, che costò numerosi morti da ambo le parti. Ci siamo dovuti mettere d’impegno a fare ricerche ed è venuto fuori di tutto», afferma ancora Solivardi, che oltre ad aprire e chiudere il museo ha anche fondato l’associazione risorgimentale Turbigo 3 Giugno 1859, di cui è presidente.
«Tutto - spiega - ha avuto inizio con la morte di mio zio Ermanno, già presidente della Combattenti e reduci e collezionista di cimeli risorgimentali. La sua collezione ha formato il primo nucleo di questo museo, che ambiamo ad ampliare sempre più con l’idea, già condivisa con sindaco e giunta, di occupare il terzo piano quando sarà del tutto recuperato».
Nel frattempo Solivardi conduce le sue ricerche che lo portano immancabilmente oltralpe, dove «soltanto a nominare Turbigo fanno i ponti d’oro», afferma. Quando non sono gli archivi e le biblioteche, è avventura vera: «Insieme ad alcuni collaboratori dotati di metal-detector, scendiamo al Ticino dove, sapendo cercare, salta fuori di tutto. A volte non c’è neppure bisogno di scavare».
Un plastico mostra la scena di entrambe le battaglie, che Solivardi va ricostruendo con puntiglio, attimo per attimo: «Siamo risaliti al primo francese caduto in battaglia. In suo onore innalzeremo al cimitero una stele, che effettivamente c’era un tempo, ma che venne rimossa. Abbiamo anche commissionato un quadro che ritragga la battaglia del 1800 da esporre al museo, né mancano stampe dell’epoca. Quando le abbiamo rintracciate ci siamo commossi, perché se escludiamo le ciminiere della centrale termoelettrica il paese è rimasto tale e quale allora. Si riconoscono le strade, le case, gli scorci. Non è cambiato niente».
L’entusiasmo con cui ne parla varrebbe il prezzo di un biglietto che non c’è. E non è finita: «Stiamo raccogliendo fondi che ci consentano di partecipare alle celebrazioni del bicentenario della morte di Napoleone che cadrà il 5 maggio dell’anno prossimo. Non è vanagloria, però. Napoleone e il Risorgimento sono una potenza in chiave culturale e turistica. Ci piacerebbe che Turbigo si presentasse pronto per il 2026, anno delle olimpiadi invernali».
© Riproduzione Riservata