IL PROCESSO
Valcuvia: fiori, stalking e stupro
«Perseguitata e violentata dopo la fine della storia». Alla sbarra l’ex della donna. Fiori e camion vela per convincerla a tornare insieme

Lei decide di porre fine alla relazione, ma lui non ne vuole sapere. È ancora innamorato e la tempesta di telefonate e mail, le riempie la cassetta della posta o il cancello di lettere e mazzi di fiori. La segue fino al lavoro o si apposta sotto casa. E per convincerla a ripensarci affitta un camion vela - con immagini di coppie felici, tra cui la loro, e la frase “non bisogna aver paura di tornare indietro se c’è una persona disposta ad abbracciarci” - che resta parcheggiato per un paio di giorni davanti a casa della donna. Un’ossessione che lo spinge persino a presentarsi a casa della ex e a violentarla.
È questa la ricostruzione, basata sulla denuncia di una trentenne della Valcuvia, che ha fatto finire al banco degli imputati l’uomo di 41 anni che non accettava di essere lasciato.
L’accusa? Stalking e violenza sessuale. Accusa che l’uomo (difeso dall’avvocato Massimo Vaglio) ha respinto durante l’interrogatorio davanti al collegio del Tribunale che lo sta processando. Ha negato sia di averla perseguitata, sia di averla obbligata a soddisfare le sue voglie quella sera di ottobre 2020. «Mi ha spinta sul divano e mi ha costretto ad avere un rapporto. Era sopra di me, non potevo spostarlo. E dopo mi ha pure detto “ringrazia che non ti ho messa incinta!”», ha raccontato la giovane in aula.
Una ricostruzione smentita dall’imputato, secondo il quale la sua unica colpa era quella di essere ancora innamorato, senza però essere ricambiato. Tanto da pagare centinaia di euro per quel camion che, nei suoi piani, avrebbe avuto il potere di riconquistare la sua amata.
Un atteggiamento che - stando al capo di imputazione - ha invece avuto l’effetto spaventare la ragazza, che ha cominciato a temere per la propria incolumità e per quella dei suoi parenti e che ha dovuto modificare le proprie abitudini, cambiando numero di cellulare e indirizzo di posta elettronica, staccando il citofono e smettendo anche di uscire per il timore di incontrare quell’ex troppo ingombrante.
Nessuna minaccia - ha confermato la donna (parte civile con l’avvocato Giacomo Mastrorosa), così come le sue amiche che ne avevano raccolto confidenze e timori - ma un “pressing” sempre più insistente dopo la fine della storia. E se magari una rosa o una lettera d’amore inizialmente possono anche strappare un sorriso, quando i regali non graditi cominciano a essere troppi si entra nel campo, penalmente rilevante, dello stalking. Soprattutto se si sommano a una valanga di chiamate, messaggi ed e-mail, e poi ancora pedinamenti, inseguimenti e appostamenti sotto casa o davanti al posto di lavoro.
Insomma, ce n’è abbastanza, per la Procura, per configurare tanto il reato di atti persecutori, quanto quello di violenza sessuale. I testimoni della difesa saranno ascoltati tra un mese. Poi arriverà la sentenza.
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