UN’AMICIZIA SPECIALE
Valganna, Dolly lontana dalla slitta. «Ma non la abbandono»
L’esploratore Fra Indi e l’amore per il suo cane

Abituati a immaginarla mentre traina per chilometri la slitta sulle Alpi o nei pressi del Circolo polare artico, vederla in convalescenza col collare elisabettiano ha suscitato parecchia preoccupazione. Dolly, però, sta abbastanza bene ed è in ripresa. Se la caverà e, chissà, un giorno potrà tornare a correre coi suoi “colleghi” sulla neve, nei boschi di conifere dove il calore della bellezza della natura è inversamente proporzionale alle temperature.
Dolly è un Siberian Husky di Fra Indi, esploratore e musher (dall’inglese, conduttore di slitta trainata da una muta di cani) dell’Alto Varesotto, la cui storia ha commosso il web, suscitando tristezza, ma anche una riflessione sul rapporto tra uomo e animale.
«Quest’anno - racconta Fra Indi - la mia esplorazione avrebbe dovuto essere la vita. Infatti la mia piccola e dolce Dolly aspettava una splendida cucciolata di otto cani, alcuni dei quali sarebbero andati ad aggiungersi alla nostra famiglia», lo Jaranga Siberian Husky Team.
Purtroppo, però, «a venti giorni dal parto, sorgono delle complicazioni: Dolly smette di mangiare, insorge il torpore, lei è diversa dal solito. A breve l’amara scoperta: una problematica renale compromette la funzionalità dell’organo e la gravidanza: Dolly abortisce spontaneamente ed è sottoposta a nefrectomia. Nessuna cucciolata» e la mancata mamma ora «dovrà affrontare una lunga convalescenza, con la mia speranza e, perché no, certezza - aggiunge Fra Indi - che tornerà a correre insieme a tutti noi, tirando la slitta per prepararci alle spedizioni che ancora ci aspettano». Dolly ora sta meglio «a volte mangia, a volte no. Sarà un percorso lento e lungo, ma già nei giorni scorsi è venuta con noi per un’iniziativa e, visto che ha il pelo rasato per l’operazione avuta, l’abbiamo protetta dal freddo e dalla neve con un cappottino».
La vicenda, come detto, ha fatto scaturire anche una riflessione sul rapporto tra uomo e animale, uno dei temi cari anche della neonata associazione culturale Jaranga fondata dall’esploratore.
«Lei, come tutti i miei cani - aggiunge Fra Indi - non è solo uno dei miei esemplari da lavoro, ma soprattutto un’amica e una parte integrante della mia famiglia. Alcuni penseranno che questo sia del tutto ovvio. Ma mi sorge una riflessione e una considerazione su dinamiche e accadimenti non così infrequenti tra chi in Italia si definisce musher, autocelebrandosi ed elogiando i propri cani per poi darli via, perché non giudicati sufficientemente performanti per le personali manie di risultato (quale poi?). Dopo aver condiviso con loro quattro, cinque o più anni di vita tra corse, giochi e altro, vengono gettati via come un qualsiasi attrezzo non più considerato idoneo, nel totale disprezzo e disinteresse per la vita in sé».
La prospettiva dell’esploratore varesino, però, è completamente diversa: «Mi hanno insegnato che un musher vive con e per i suoi cani, accompagnandoli fino alla morte, perché un animale da slitta non abbandona né abbandonerà mai il suo amico musher. Dolly, così come tutti i miei cani, rimarrà con me fino alla fine dei suoi giorni, anche nella remota possibilità che non possa più tornare a correre ai livelli degli altri componenti del team».
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