LA TESTIMONIANZA
Bomba al mercato, nessuna firma
Il 28 marzo1974, un ordigno uccise il fiorista Brusa. Avrebbe potuto essere una strage

Quella data non potrò proprio scordarmela. Sono passati 44 anni, era il 28 marzo del 1974, un giovedì, giorno di mercato.
Avevo 16 anni e, come tutte le mattine, aspettavo con altri studenti davanti alle Ferrovie Nord, l’autobus che ci avrebbe portato a scuola all’Istituto Padre Beccaro, in zona Ippodromo. Una mattinata come tante.
Intorno alle ore 8, un forte botto improvviso. Immediatamente pensammo tutti ad uno scontro fra treni dentro la stazione, non poteva essere diversamente.
D’istinto ci precipitammo incuriositi all’interno. Nessun treno in vista, ma cosa era successo? Sopra il muraglione che delimitava le Nord con il piazzale del mercato (piazzale Maspero), l’attuale piazzale Kennedy, un vociare concitato. Guardavamo in alto ma non comprendevamo.
Dopo poco notammo qualcosa sul muro e tra le notaie, ma ancora non riuscivamo a capire cosa fosse successo. Più tardi, a scuola, cominciò a girare la notizia. Quel botto era stato provocato da una bomba e quello che avevamo visto erano i poveri resti di un fiorista quarantacinquenne di Casbeno: Vittorio Brusa.
Quella mattina lo sfortunato casbenat stava allestendo con la moglie la propria bancarella. La moglie notò una batteria appoggiata a un albero proprio vicino al loro posto di vendita. Chiamò il marito perché era troppo pesante, non riuscì a spostarla. Questi si avvicinò, pensò si trattasse appunto di una semplice batteria, strappò il percussore che era invece parte di un ordigno certamente confezionato da professionisti.L’esplosione immediata lo dilaniò e la moglie, ferita, si salvò grazie alla protezione del corpo del marito.
Il figlio della coppia, mio coetaneo, sfuggì all’attentato perché quel giorno era rimasto a casa febbricitante. Una deflagrazione che se fosse avvenuta in orario di mercato avrebbe provocato una strage.
Anche Varese quindi venne colpita duramente dagli avvenimenti tragici di quei periodi in piena “strategia della tensione” che, da piazza Fontana e per diversi anni, investì il Paese con lo spargimento di sangue innocente e che raggiunse il suo tragico apice con la strage alla stazione di Bologna nel agosto del 1980.
Tra l’altro, a maggio di quello stesso anno (1974), una bomba esplose in piazza della Loggia a Brescia, provocando, come tragicamente noto, diversi morti e feriti.
Nelle settimane precedenti l’avvenimento, a La Prealpina ed alle Ferrovie erano in effetti giunte minacce.
Una lettera dattiloscritta venne lasciata in una cabina telefonica avendo come recapito il giornale. Firmata “Ordine nuovo” conteneva messaggi deliranti neonazisti.
Alle Nord, nello stesso periodo antecedente al fatto, giunsero telefonate minatorie dello stesso tenore.
Non vennero sottovalutate dagli inquirenti, ma non evitarono la tragedia. Le indagini successive non trovarono sbocchi, tantomeno colpevoli.
A Varese e zone limitrofe erano in quegli anni fiorenti le attività eversive di estrema destra.
Venne scoperta una cellula terroristica a Casciago, ci furono arresti ma quel grave attentato rimase impunito. Non dimentichiamo che nei piani di quei terroristi vi era la folle e criminale idea di far saltare la tribuna dello stadio Franco Ossola nel corso della partita Varese-Roma.
Nei mesi successivi alla bomba di piazzale Maspero, giunsero tra l’altro segnalazioni di ordigni presenti presso alcuni supermercati cittadini: al Coin di via Veneto ed al Gs di via Casula.
Furono giorni di tensione, di panico, di mobilitazione pubblica. Giorni di vero terrore che investirono il Paese e che sconvolsero anche la tranquilla Varese.
Negli anni successivi la “matassa investigativa” su quelle vicende venne solo in parte dipanata.
Molti attentatori ed esecutori materiali scoperti (mai quelli del mercato varesino), qualcuno condannato, mandanti un po’ meno, anche se appare oggi certa la presenza, dietro quei vili attentati, di corpi deviati dello Stato e dei servizi segreti.
Forse fu anche un po’ comodo trovare il capro espiatorio solo e soltanto tra i presunti esecutori.
Pagine ancora oggi che presentano vuoti inquietanti, lacune inaccettabili.
I funerali di Vittorio Brusa furono celebrati qualche giorno dopo a Casbeno e se ne fece carico il Comune di Varese.
Dopo, un oblio ovattante pervase purtroppo nel tempo anche la comunità varesina. Rimane la memoria di ognuno di noi, rimane un ricordo che va reiterato e che deve o dovrebbe accrescere il nostro senso civico ed il valore della democrazia. Credo che sarebbe stato sacrosanto intitolare quella piazza allo sfortunato fiorista, non se ne fece mai nulla.
Siamo però ancora in tempo: «Vittorio Brusa 1929-1974 Fiorista, vittima del terrorismo». Per non dimenticare.
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