IL PERSONAGGIO
Scusate, festeggio da Fabio
Memo Remigi compie 80 anni: «Lucia e le canzoni il mio elisir di vita felice». «A militare ero in un complesso con Celentano cantante e il padre

A pranzo da amici a Malnate, di sera su Rai Uno, a “Che tempo che fa”, programma condotto da Fabio Fazio.
Così Memo Remigi festeggerà oggi, domenica 27, il suo ottantesimo compleanno.
«Non li sento addosso ma - spiega l’artista, varesino d’adozione - c’è qualcuno o qualcosa che mi ricorda sempre quanto tempo è passato. Venerdì sera, a “Propaganda Live”, Roy Paci, musicista bravissimo, mi ha portato i saluti di suo padre. Era il sassofonista della band di quando facevo il militare, una bella formazione anche perché come cantante schieravamo Adriano Celentano che aveva già inciso “Il tuo bacio è come un rock”, io invece mi limitavo a strimpellare il piano per evitare la sbobba e accedere alla mensa degli ufficiali».
A naja con Celentano?
«Sì dopo il Car, alle Casermette di Casale Monferrato, mi hanno spedito a Torino, vicino al vecchio stadio, alla Casa del soldato, dove i militari venivano in libera uscita. Ho servito la patria da privilegiato avendo il piacere di dividere tanti momenti divertenti con Adriano. Persona generosa, aveva già qualche soldo, affittò un appartamento in città, ricordo la sua Giulietta e un favoloso pranzo a base di pane, salame piccante e vino rosso portati dai suoi parenti del Sud. La cosa incredibile è che non ci vediamo dal giorno del congedo, da allora mai più incontrati neppure per caso».
“Propaganda Live” sta mostrando al pubblico un Remigi inedito. Come è arrivata la chiamata da La7?
«Sono lì da gennaio, merito di Diego Bianchi e della sua band. Piaceva l’idea di qualcuno legato alle “belle canzoni di una volta”, una presenza apparentemente lontana dalla trasmissione e dal suo spirito. Fare il vecchio mi diverte, del resto non ho mai nascosto la carta di identità. Mi dichiaro con orgoglio “il Vasco Rossi della terza età”, non sono di quelli che vogliono a tutti i costi sembrare giovani».
La condizione atletica però è buona, lo conferma ogni sua caduta libera.
«Un numero che piace anche se il vero colpo dell’anno resta la mia sceneggiata al Festival di Sanremo. Vedendomi andare giù si sono preoccupati in tanti, compreso Claudio Baglioni».
I tre momenti clou della sua vita?
«Su tutti l’incontro con Lucia, ancora oggi mia moglie. Galeotto fu il golf, sport mio e del suo fidanzatino, ci sfidammo in un torneo a Sanremo, lo sconfissi e vinsi una doppia partita. Era il 1963, tre anni dopo arrivarono le nozze. Secondo momento da podio quello in cui compresi che la passione per la musica e il talento, se tale si può chiamare, da autodidatta mi avevano portato a qualcosa di importante: “Innamorati a Milano”, del 1964, in copertina io e Lucia in piazza Duomo, un grande successo, impossibile per me da quel giorno pensare di non cantarlo ad ogni concerto. Chiudo con il Festival di Sanremo del 1966, in gara due mie canzoni: “La notte dell’addio” e, soprattutto, “Io ti darò di più” che ha fatto il giro del mondo».
Nel 2004 ha voltato le spalle a Milano per venire a Varese; pentito?
«Mai. La mia Milano, quella della Galleria del Corso capitale della musica, non c’era più. Siamo in un posto fantastico, credo in ciò che ho cantato in “Varese va”. Mi avete accolto con un entusiasmo straordinario. Certo dopo un po’ a incontrarmi ci si fa l’abitudine e rischi di trasformarti da star in pirla ma da qui non mi muovo, ci sto troppo bene».
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