CITTÀ IN LUTTO
Varese, domani l’addio a Luca Alfano
Lo storico tifoso del calcio biancorosso è morto a 46 anni in ospedale. Contro una malattia crudele e diabolica trovava sempre la forza di sorridere e rialzarsi

È morto nella mattinata di ieri, domenica 19 novembre, Luca Alfano, storico tifoso del Varese. Aveva 46 anni. Varesino delle Bustecche, si è arreso alla malattia all’ospedale di Circolo, dove era stato ricoverato dopo l’aggravarsi delle sue condizioni.
I funerali saranno celebrati domani, martedì 21 novembre, alle ore 15, nella Basilica di San Vittore.
CORAGGIO, DIGNITA’ E VOGLIA DI VIVERE
Il suo coraggio, la sua dignità, la sua voglia di guardare la vita sempre con ottimismo nonostante la terribile e diabolica malattia rara (una sindrome neurodegenerativa muscolare) che lo ha costretto sulla sedia a rotelle e a convivere con respiratore e mascherina, sono stati un esempio. Lo conoscevano in tantissimi. Lo apprezzavano tutti. Un “guerriero”, un ragazzo diventato uomo a fianco di un compagno di viaggio tremendo, ingiusto, crudele come il male che lo ha accompagnato. Alfano era stato ricoverato sabato all’ospedale di Circolo: le sue condizioni si erano aggravate. Purtroppo irrimediabilmente. E ieri è volato in cielo.
L’AMORE PER IL VARESE
Luca era ambasciatore del tifo biancorosso. Il suo amore calcistico per il Varese lo ha fatto conoscere alla galassia di persone che giravano e girano attorno alla squadra. A giocatori, allenatori, dirigenti. Ai tifosi della Curva. Ha affrontato la vita di petto, a testa alta, nonostante la maledetta sfortuna che gli si era appiccicata addosso. Non si era mai fatto abbattere dalla sofferenza. Ai momenti di sconforto aveva sempre reagito contrattaccando. La malattia “misteriosa” e devastante, le diagnosi sbagliate, i ricoveri, le illusioni di capire davvero quale fosse l’avversario da sconfiggere, puntualmente naufragate: per più di trent’anni ha attraversato un autentico calvario, affrontandolo col sorriso. Ciò che era certo, definito, del suo avversario, erano gli effetti: le limitazioni fisiche, il dolore, la dipendenza da carrozzina e tubicini vitali per donargli ossigeno.
IL LIBRO E LE FELPE
Aveva scritto un libro per raccontare la sua vita e la sua battaglia: “Più unico che raro”. Aveva lanciato una linea d’abbigliamento firmata “Carrrico”: felpe, t-shirt, cappellini e occhiali con una griffe che incarnava il suo spirito da combattente. E aveva fatto molto altro. Intraprendente, tenace, speciale. Più la malattia gli tirava cazzotti, più lui incassava e reagiva, affiancato da una famiglia splendida nel sostenerlo e nell’affrontare tutto con una dignità e una forza d’animo esemplari: da mamma Maria a papà Lello, al fratello Simone. Oggi, a 46 anni, 33 dopo l’inizio di un’odissea inumana, Luca ha detto basta. Si è arreso alla malattia. Ma non ha perso. No, in realtà ha vinto lui. Perché ha lasciato un segno profondo e indelebile per come ha saputo affrontare a lungo un destino tremendo e ingiusto. Senza autocommiserarsi, senza piangersi addosso, ma con una forza interiore incredibile. E col sorriso. Chi lo ha conosciuto bene lo ripete, commosso: «È stato un grande esempio per tutti noi». Più unico che raro.
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