MAGISTATO E GENTILUOMO
Battarino: ultime udienze e lungo applauso
Il giudice lascia la toga dopo 31 anni. Discorso davanti a 60 avvocati: «Siete l’anima di questo palazzo»

Un lungo, fragoroso applauso si è levato questa mattina, mercoledì 18 gennaio, nell’aula C del Tribunale di Varese. È l’omaggio che gli avvocati hanno tributato al giudice Giuseppe Battarino, oggi all’ultima giornata di udienza. Da fine mese, il magistrato toglierà infatti la toga. La sua carriera era cominciata, da pretore, il 23 settembre del 1992 nell’aula B, al piano terra del palazzo di giustizia di Varese. E nella stessa aula, a chiudere idealmente un cerchio professionale, Battarino affronta l’ultimo procedimento.
Alle 9, prima dell’inizio dell’udienza, di fronte a una cinquantina di avvocati, il magistrato, Gup ora, ha voluto ringraziare tutti gli operatori della giustizia, tenendo un discorso carico di emozione. E mentre lo pronunciava, seduto sul banco, con accanto i faldoni impilati, e la sua storica cancelliera, Lucia Siricio, oltre all’addetta all’ufficio del processo, Giulia Brugnerotto, si è infatti commosso. Ecco il contenuto del suo discorso: «Credo di avere fatto la mia parte. Continuerò a farla per i pochi giorni che mi rimangono nell'ordine giudiziario; e anche dopo, in altri modi. Ho riletto le pagine in cui Primo Levi parla del lavoro, della "necessità del lavoro ben fatto"; e quello che uno dei suoi compagni di prigionia ad Auschwitz gli disse: "ogni lavoro che incammino è come un primo amore" Tutelare i diritti, curare i diritti, è stato incamminare il mio, il nostro lavoro: un lavoro che non finisce».
«Penso ad altre parole, di Sandro Pertini: "se non volete che la vita scorra grigia e vuota, fate che essa sia illuminata da una grande e nobile idea" - ha aggiunto Battarino -. È, nell’essenziale, l’idea di giustizia che qui abbiamo condiviso e praticato, con una concretezza e una profondità che merita di essere raccontata e celebrata. Ho fatto esperienze di lavoro lontano dal nostro territorio ma qui sono sempre tornato e ho detto che qui avrei chiuso la mia vita da magistrato: ciò che ho visto altrove mi conferma nell'idea che noi, qui, siamo stati esemplari, e per quanto particolare e forse lontano dalla nostra comune storia illuminata sia questo momento, sono convinto che alzeremo lo sguardo verso la luce».
E ancora: «II mio grazie a ciascuno, singolarmente, di tutti coloro che ho incontrato durante il mio lavoro di questi trent'anni e di questi ultimi venti mesi trascorsi dal mio ritorno a Varese: un tempo particolare, diviso tra ciò che mi è parso segno di un declino della giurisdizione e ciò che invece ha costituito, in felice contrapposizione, fatica dotata di senso perché quotidianamente condivisa con persone splendide: i miei colleghi, il personale amministrativo, gli appartenenti alle forze di polizia, gli avvocati, che sono l’anima di questo palazzo e, in cerchi che si allargano, tutto ciò che ci circonda, in questo territorio meraviglioso che sapete quanto sia parte di me».
«Ed è un grazie - ha proseguito - in anticipo a tutti coloro che ancora incontrerò nei nostri luoghi nei prossimi giorni, fino all'ultima sentenza che depositerò, fino all’ultima ora di lavoro, e ancora in futuro. Così come a ciascuno, singolarmente, desidero chiedere scusa per tutte le volte in cui non sono stato abbastanza attento, abbastanza sensibile, abbastanza studioso: ma ho il conforto di pensare di essere stato tra voi senza avere mai chiuso gli occhi, senza avere mai chiuso la mente, senza avere mai chiuso il cuore. Avendo avuto fiducia nelle persone, sempre, non cupa diffidenza. E avendone ricevuto in cambio fiducia e ricchezza professionale e umana».
«Abbiamo condiviso migliaia di parole, ma non soltanto quelle scritte nelle carte che ci siamo scambiati, o pronunciate in queste aule - ha osservato il Gup di Varese -. Anche e soprattutto quelle scambiate al di fuori delle carte e al di fuori delle aule, come giuristi o semplicemente come persone capaci di essere intelligentemente socievoli, che non cercano il riparo di una porta chiusa, di una funzione esibita, di una presunzione infondata: e so che continueremo a scambiarcele. Grazie per avermi offerto la pienezza di una vita che ha avuto al centro una grande ragione di impegno e continuerà ad averla. Grazie per tutto ciò che è stato, per questo momento condiviso, per i futuro e i progetti che reca con sé».
«Ho avuto la fortuna, aiutata dalla gentilezza delle persone che hanno fatto si che questo fosse possibile, di poter tenere la mia ultima udienza come magistrato nella stessa aula in cui ho tenuto la mia prima udienza più di trent’anni fa, il 23 settembre 1992, da pretore. Insieme, in quest'aula, in questo palazzo, in questo circondario, abbiamo cercato la giustizia, dunque abbiamo cambiato il mondo, in meglio. Vi chiedo di esserne orgogliosi, e di rivendicare, anche per il futuro, che questo è il vostro e il nostro lavoro, non un cieco e sordo scorrere di carte o numeri».
«In un tempo lontano, ben prima di fare il mestiere di magistrato, mi sono sentito rivolgere un augurio con queste parole: "ti auguro più sorrisi, più strette di mano, più tutto". Mi sembra un buon modo di raccontare quello che ho ricevuto durante il mio lavoro di questi trent'anni: più tutto. E, in questo periodo più che mai, la mia mente è stata affollata di sorrisi e strette di mano che ho avuto in regalo da voi e anche, e sono pensieri e ricordi intensi, da indagati e imputati in attimi di umanità condivisa» ha concluso Battarino.
Poi brevi interventi, di ringraziamento, da parte dell’Ordine degli avvocati di Varese e della Camera penale. «Battarino non ha esibito un potere, ha esercitato una funzione con rispetto, serietà e serenità» le parole di Stefano Bruno, in rappresentanza della Camera penale. Dunque, con questa ultima giornata di udienze, si chiude la carriera di un giudice che ha fatto la storia di Varese. La meglio magistratura.
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