IL FENOMENO
Dall’escort con la mascherina
Il Covid non spegne la prostituzione: «Meno clienti solo nel primo lockdown»

L’emergenza sanitaria modifica il lavoro più antico del mondo. Ma non spegne le luci rosse. La prostituzione con il Covid ha dovuto in parte riadattarsi. In primo luogo, scendendo dal marciapiede e cercando luoghi e canali di promozione diversi.
Poi inserendo nel “tariffario” anche prestazioni virtuali, da fruire dietro a uno schermo, a distanza.
Stando agli annunci presenti in uno dei più noti siti internet di riferimento del settore, tra città e provincia di Varese le sex workers sono 1.226; 934 quelle che ricevono nel capoluogo.
Si tratta di donne in larga maggioranza straniere (cinesi, sudamericane e dell’Est), poche le italiane (e spesso non giovanissime). Ci sono anche trans (25 quelle iscritte al sito) e operatrici specializzate in massaggi erotici (35).
Durante il primo lockdown, con il divieto assoluto di uscire di casa, il settore si è fermato quasi ovunque.
La domanda però è ripartita con vigore già a maggio-giugno e non si è fermata più, neanche a ottobre e a novembre, quando a Varese il trend dei contagi era spaventoso.
«I clienti non temono il Covid, fanno come se niente fosse. Li si invita a mettere la mascherina, ma la vogliono togliere per baciare» racconta una escort italiana di lusso che lavora nella nostra provincia.
Leila, il nome è di fantasia, per tutelarsi ha scelto di sottoporsi al test sierologico ogni 15 giorni e di ricevere solo tre clienti al giorno, scegliendo tra gli affezionati. Tutti gli accessi vengono registrati e i locali arieggiati e sanificati tra un cliente e l’altro.
Ma non tutte le sex workers possono permettersi di ridurre il lavoro e di prendersi cura della propria salute. Se da una parte il lockdown ha tolto tante ragazze dalla strada, dall’altra ha gettato nella povertà più estrema chi appena sopravviveva grazie al mestiere e che si è ritrovata di colpo senza nulla, a patire la fame.
Parallelamente, per dare una risposta alla domanda dei clienti, si è sviluppato il fenomeno di appartamenti condivisi, utilizzati a rotazione da ragazze diverse. Alcune sex workers fanno dei veri e propri tour del sesso in giro per l’Italia con date consultabili sui propri profili, approdando in locali probabilmente utilizzati da colleghe fino a qualche ora prima.
Sono ragazze anche molto giovani che si dicono aperte a qualsiasi tipo di prestazione e che sembrano non richiedere particolari precauzioni.
Altro particolare: solo in pochi casi le escort specificano che è obbligatorio indossare la mascherina. Poche volte gli annunci spiegano che i locali dove si svolge la prestazione sono sanificati.
Per lavorare anche in piena emergenza, qualche sex worker ha inventato servizi virtuali, che spaziano dalle videochat erotiche ai giochi di ruolo, fino ai sex toys che possono essere manovrati a distanza (si tratta di comprare il dispositivo e di collegarlo a una applicazione che può essere condivisa).
«I giochi e le chat virtuali hanno funzionato durante la prima ondata della pandemia» aggiunge Leila. Che conclude: «Appena è stato possibile, però, le persone hanno voluto tornare agli incontri dal vivo. Complessivamente, un calo di lavoro c’è stato e credo abbia interessato tutte le escort».
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