IL DIBATTITO
Varese, due province? Che botto
Il presidente Magrini: «Proposta da terremoto politico». Frenano i sindaci

«Marco Reguzzoni è un politico di grande levatura e non può proprio dire che la sua non sia una provocazione. Parlare di Comune unico Busto Arsizio-Gallarate e arrivare anche a proporre la divisione in due dell’attuale provincia di Varese, con una provincia del nord e una del sud, è decisamente un bel missile dentro il dibattito politico. Quelle delle fusioni sono scelte locali e la Provincia non può certo farsi promotrice di iniziative del genere, potrebbe essere al massimo di supporto, ma bisognerebbe vedere fino a che punto farebbero da ostacolo i contrapposti campanilismi, e che cosa pensano del Comune unico i cittadini e i loro sindaci». Marco Magrini, presidente della Provincia di Varese, sta alla finestra, e non può fare altrimenti, ma commenta la proposta dell’ex primo inquilino di Villa Recalcati, ora a capo dell’associazione I Repubblicani, non solo con sano scetticismo.
«Che ci sia omogeneità tra le realtà del nord della provincia e quelle del sud, è un dato di fatto - aggiunge - così come è vero che le città di Busto Arsizio e Gallarate sono vicine ad essere un tutt’uno per l’espansione urbanistica dei rispettivi territori. Io però in questa come in altre questioni andrei avanti per gradi, perché le proposte troppo “spinte” alla fine non vengono capite e si rischia magari di perdere opportunità che esistono. Busto Arsizio e Gallarate in questo momento stanno affrontando la questione dell’ospedale unico: vediamo come andranno i vari passaggi di questa sfida, perché quando il nuovo ospedale sarà una realtà sarà già un'esperienza di unione importante, con i due Comuni che dovranno lavorare insieme per garantire i servizi, la viabilità, tutti quegli aspetti che sono collegati a una struttura comune. E quando si sarà visto che tutto questo funziona, si potrà pensare anche a lavorare insieme su scuole, servizi essenziali e trasporti, ad esempio».
Non è una novità, infine, il fatto che per Magrini le fusioni abbiano un valore molto maggiore per i piccoli comuni e non per due giganti come Busto e Gallarate, che insieme diventerebbero la terza città della Lombardia: «Da sindaco di un piccolo Comune come Masciago Primo dico da tempo che una razionalizzazione è necessaria: servono dimensioni un po’ più ragionevoli perché oggi è difficile trovare anche gli amministratori. Io vivo in prima persona la difficoltà di avere un ufficio tecnico aperto, di avere una sola impiegata e di essere costretto a chiudere il Comune quando si ammala e resta a casa».
QUI BUSTO: SCETTICISMO
«Dal punto di vista economico sarebbe sicuramente un vantaggio. Ma per una questione di storia e di identità, una fusione è impensabile». Il sindaco di Busto Arsizio Emanuele Antonelli non crede alla concreta fattibilità di un accorpamento con Gallarate, proposta dal leader dei Repubblicani Marco Reguzzoni.
«Se mi metto a ragionare solo da commercialista, e non da sindaco, posso dire che quella di Reguzzoni è un’idea sensata», premette Antonelli: «Si sa che l’unione fa la forza, in tutti i settori, dalla cultura ai servizi sociali ai rifiuti. Insomma, a livello esclusivamente economico posso anche essere d’accordo».
«Però poi bisogna fare i conti con la storia e l’identità», rimarca il capo di Palazzo Gilardoni, «e da questo punto di vista, credo proprio che una fusione sia impensabile. Il campanilismo lo vediamo in tante piccole cose, a cominciare dallo sport (tra l’altro, negli anni Novanta andò in scena proprio la fusione calcistica tra la Pro Patria e la Gallaratese e all’inizio non fu bene accolta dai gallaratesi, ndr). Pensate che c’è ancora qualche sinaghino che vorrebbe Sacconago comune autonomo. Figuratevi se ci unissimo a Gallarate».
Il sindaco di Busto Arsizio fa notare poi che «proprio i leghisti sono quelli più attenti alle tradizioni e l’identità (come è noto, Reguzzoni è stato a lungo un pezzo da novanta del Carroccio, ndr)».
Dunque, una “Gallarsizio” (azzardiamo un nome) è proprio impossibile? «Ribadisco, da commercialista e uomo di numeri vedrei molti benefici in un’ipotesi di questo tipo», conferma Emanuele Antonelli: «Da sindaco che si confronta tutti i giorni con i suoi cittadini, la vedo una prospettiva impossibile. Un conto sono i piccoli comuni sotto i mille abitanti: in quei casi gli accorpamenti sono logici e anche auspicabili. Non ha senso che paesini da 200-300 abitanti stiano da soli. Ma per realtà come Busto e Gallarate il discorso è diverso. I cittadini sono troppo legati alle rispettive identità per immaginare di superarle fino a creare un solo comune. A mio parere», conclude Antonelli, «è impensabile».
QUI GALLARATE: POCO ENTUSIASMO
Una boutade politica più che una vera e propria proposta concreta. Si può riassumere così la posizione del sindaco di Gallarate, Andrea Cassani nei confronti dell’idea lanciata dall’esponente dell’associazione dei Repubblicani, Marco Reguzzoni di unire Gallarate e Busto Arsizio.
Il capo della giunta di centrodestra della città dei Due Galli si definisce un «indipendentista» e quindi «per natura contro alla centralizzazione del potere». Una posizione chiara quella dell’esponente della Lega che, come esempio di unione ha citato quella avvenuta proprio 100 anni fa tra i comuni di Crenna e Cajello che sotto il fascismo, vennero annessi a Gallarate. Ma al di là delle citazioni storiche, il primo cittadino ha le idee ben chiare su quello che è il peso della proposta Reguzzoni e su come si possa agire.
«In generale mi sembra più una boutade che una proposta concreta quella della fusione di Busto e Gallarate - sottolinea Cassani - mi appassiona poco il tema delle fusioni, a maggior ragione di due centri così grandi, già policentrici al loro interno». Busto e Gallarate infatti, come sottolineato anche in altre occasioni dai rispettivi sindaci, sono due città che hanno aree che hanno problemi e necessità molto diverse tra loro. Ecco perché questo scenario deve essere valutato con attenzione mettendo sul piatto della bilancia tutti gli elementi.
Alla base però, per Cassani, ci devono essere le giuste motivazioni. Se questo ragionamento lo si fa solo per scalare la classifica delle città più popolose - fa sapere il numero uno di palazzo Borghi - ha poco senso».
Già, perché se Gallarate e Busto Arsizio si unissero in un unico centro, il conto sfiorerebbe i circa 140 mila abitanti arrivando così ad essere la terza città della Lombardia dopo Milano e Brescia. Lo scenario potrebbe cambiare se il punto di partenza fosse un altro, ovvero cambiando i soggetti coinvolti. «Se la discussione fosse finalizzata ad un mantenimento del livello dei servizi per i cittadini o di efficienza generale dell’Ente locale» ammette Cassani «un’unione dei servizi o una fusione sarebbero al limite ipotizzabili con i piccoli/medi comuni che ruotano intorno alle grandi città». Insomma una proposta, quella di Reguzzoni, che così com’è stata illustrata, per dirla con un celebre passaggio dei Promessi Sposi “non s’ha da fare.” Il dibattito però sembra essere appena iniziato.
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