IL PROCESSO
Varese: estorsione dopo la chat con una squillo
L’imputata, che si dichiarava 27enne ma ne ha 63, avrebbe chiesto soldi per non rivelare le conversazioni alla fidanzata di lui

All’epoca della pandemia - anno 2020 - aveva deciso di “svagarsi” un po’ ricorrendo alle prestazioni sessuali di una donna individuata compulsando un sito di incontri. Ma invece di un momento “galante” ha finito per vivere un vero e proprio incubo, dato che la donna, “frequentata” via Telegram, riuscì così a scoprire chi era il suo aspirante cliente e da lì, via Facebook, anche chi era la sua fidanzata, naturalmente ignara della contrattazione in corso per un rapporto sessuale.
Il trentenne di cui si parla sarebbe stato quindi vittima di un’estorsione, con richiesta di 300 euro «altrimenti - questa sarebbe stata la minaccia della donna - manderò le registrazioni delle nostre chat alla tua ragazza».
Il processo a carico della presunta autrice dell’estorsione, che ha 63 anni ma al giovane aspirante cliente raccontava di averne 27, difesa dall’avvocato Fabio Vedani, è iniziato ieri mattina, martedì 26 marzo, davanti al giudice Andrea Crema, con l’esame della parte offesa, che ha raccontato tutta la vicenda.
L’organizzazione dell’incontro sarebbe stata laboriosa, con richiesta di fotografie dell’uomo alla donna, con un primo rifiuto di lei, con insistenze di lui, «altrimenti lasciamo perdere», e infine con invio delle immagini (false, ci dice il senno di poi, data la differenza tra età reale ed età riferita).
Il ragazzo pagò i 300 euro, ma poi, quando la donna gli disse che non li aveva ricevuti sulla carta postepay indicata, denunciò l’accaduto alle forze dell’ordine, temendo altre richieste di denaro. E alla donna gli inquirenti arrivarono proprio grazie alla carta postepay.
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