Ferrari contesa, Castiglioni condannato
Venduta all’estero senza dare un euro agli eredi del fratello: un anno e otto mesi per falso e appropriazione indebita

È costata cara, a Gianfranco Castiglioni, la vendita di quella Ferrari Dino 246 GT a un collezionista tedesco.
Il giudice Stefano Colombo ha infatti condannato l’imprenditore varesino a un anno e otto mesi di reclusione per i reati di appropriazione indebita e falso in atto pubblico.
Era infatti accusato di aver venduto quella macchina - che aveva in comproprietà con il fratello Claudio, morto nel 2011 - senza dare un euro alla vedova e al figlio di quest’ultimo che quella vettura storica (uscita dalla fabbrica di Maranello nel 1972) l’avevano ereditata.
Ma anche di aver falsificato, nel marzo del 2016, la firma del fratello nel modulo destinato al Pra (Pubblico Registro Automobilistico) per la “cessazione della circolazione per esportazione”.
«Una vicenda che ha dell’incredibile», ha detto l’avvocato Elisabetta Brusa, che con il collega Andrea Lanata assisteva gli eredi di Claudio Castiglioni, i quali hanno ottenuto il diritto al risarcimento del danno, da quantificare però in una successiva causa civile.
«Non sappiamo quanto incassò dalla vendita, ma all’epoca la valutazione di quell’auto si aggirava sui 400.000 euro», ha proseguito il legale. Ipotizzando anche un concorso nel reato da parte dell’agenzia pratiche auto di Gallarate alla quale Castiglioni si rivolse dopo essere stato “respinto” da una di Varese che pretendeva la firma degli eredi del fratello, per arrivare alla cancellazione della vettura dal registro.
Ma alla fine la Procura indagò solo Castiglioni, che nel 2015 aveva denunciato la perdita del certificato di proprietà di quel bolide da sogno. «Il figlio di Claudio, Giovanni, lo disse chiaramente a suo zio: “Se vendete quell’auto senza il mio permesso vi denuncio”», ha sottolineato il pubblico ministero Davide Toscani nella sua requisitoria.
«Ma Gianfranco Castiglioni, consapevole di essere comproprietario con gli eredi del fratello, escogita uno stratagemma per riuscire a vendere la macchina. Falsifica la firma di Claudio in un atto pubblico e li frega due volte, perché vende l’auto a un acquirente di Wiesbaden, si intasca i soldi e non dà loro un euro. Avrebbe poi potuto restituire ai parenti la loro parte, in una sorta di condotta risarcitoria, ma non l’ha fatto». Da qui la richiesta di condanna a un anno e quattro mesi.
Il difensore, l’avvocato Concetto Galati - oltre a contestare la tardività della querela, a suo dire presentata oltre tempo massimo -, ha chiesto l’assoluzione di Castiglioni sostenendo, tra l’altro, che in realtà il presunto falso non fosse un atto pubblico ma solo una richiesta di cancellazione del veicolo, che nulla attesterebbe sulla proprietà.
Ma i guai giudiziari per l’imprenditore non sono finiti. È infatti appena iniziato (prossima udienza il 20 aprile) il processo per la bancarotta della Casti Spa, che lo vede imputato con i due figli e altre cinque persone.
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