VERTICE A VILLA RECALCATI
Varese: «Il lavoro restituisce dignità ai detenuti»
Protocollo della Prefettura che mira a favorire il reinserimento sociale di chi sta in carcere o è appena uscito. «Tanti non sono delinquenti incalliti»

Dalla prefettura di Varese, guidata da Salvatore Pasquariello, un importante passo avanti per il reinserimento dei detenuti. Di questo si è parlato in un incontro, con tutte le autorità del territorio, nella sala del Consiglio provinciale a Villa Recalcati. Il punto di partenza il “protocollo di intesa per promuovere e sostenere il reinserimento sociale e lavorativo delle persone detenute, ex detenute e in esecuzione penale esterna” sottoscritto a luglio.
Sono state condivise le “buone prassi” per facilitare il percorso di reinserimento socio-lavorativo dei detenuti. L’incontro ha evidenziato l’importanza infatti della sinergia tra istituzioni, imprese ed organizzazioni sindacali, ponendo nuovamente l’accento sul ruolo fondamentale che la speranza e la dignità possono svolgere nel promuovere una reale riabilitazione dei detenuti. Tale ripresa, infatti, passa anche attraverso un lavoro dignitoso, così riducendo anche il sovraffollamento carcerario.
Laura De Gregorio, in rappresentanza del Magistrato di sorveglianza, e Giuseppe La Pietra, in rappresentanza del presidente Brunetta del Consiglio nazionale dell’Economia e del Lavoro (Cnel) e del “Segretariato permanente per l’inclusione economica, sociale e lavorativa delle persone private della libertà personale”, nell’incontro hanno parlato dell’importanza fondamentale della formazione e del lavoro in ambito carcerario, sottolineando come questi strumenti siano essenziali per favorire i
reinserimento sociale dei detenuti.
De Gregorio ha quindi focalizzato l’attenzione sui nuovi detenuti, una tipologia prevalentemente “sociale”: «L’emergenza carceraria non è legata solo al problema del sovraffollamento, ma anche alla tipologia di popolazione carceraria presente oggi negli istituti penitenziari. Come ha detto Ornella Favero, direttrice di Ristretti Orizzonti, la detenzione oggi è detenzione sociale». «Soprattutto negli istituti penitenziari del nostro territorio - ha aggiunto - molti dei detenuti presenti nelle nostre carceri non sono “delinquenti di mestiere”, che hanno scelto il crimine come stile di vita, ma persone per le quali il crimine è stata la risposta sbagliata ad una condizione di emarginazione sociale, di povertà e di disagio».
«Ed allora - ha spiegato Laura De Gregorio - è proprio nei confronti di questi soggetti che il lavoro può essere un elemento decisivo contro il rischio di recidiva, perché in grado di restituire dignità e speranza. Nella prospettiva imprenditoriale, va sottolineato che è questo un capitale umano con una fortissima motivazione al lavoro e che viene valutato dalla Magistratura di sorveglianza come meritevole per l’ammissione a determinati benefici previsti dall’ordinamento penitenziario». E quindi l’appello «ad investire sui detenuti non vuole risuonare come un invito al cieco buonismo, ma come l’invito ragionato ad offrire una seconda chance a chi ha sbagliato e a chi dimostra una volontà di cambiamento». «È una sfida anche culturale, perché mira a superare una concezione di afflittività meramente retributiva e un’idea illusoria di sicurezza, fondata sulla separazione dal corpo sociale del condannato. I detenuti e più in generale i soggetti in espiazione pena devono essere invece preparati alla libertà, perché l’emarginazione comporta dei costi sociali altissimi: non c’è soggetto più pericoloso di chi non ha nulla da perdere». Poi, un giudizio sul protocollo Varese, «di cui l’ufficio di Sorveglianza di Varese condivide gli intenti», che mira «a fare in modo che il tempo dell’espiazione della pena non sia il tempo dell’ozio senza riposo. Il tempo della disumanità, della vendetta pubblica, ma un tempo degno di uno Stato di diritto, un tempo di speranza, un tempo utile per tutti, per i condannati e per la collettività. Un tempo in cuile ragioni dell’imprenditoria possono incontrarsi con la volontà di riscatto di chi ha sbagliato ».
Giuseppe La Pietra ha parlato delle iniziative che il Cnel, nel quadro di una collaborazione con il Ministero della Giustizia e con il Dap (Dipartimento
dell’Amministrazione enitenziaria), ha intrapreso. E nello specifico il disegno di legge presentato al Parlamento per migliorare l’attuale sistema di governance e agevolare l’elaborazione di una politica pubblica nazionale sul lavoro in carcere con l’obiettivo di strutturare una rete interistituzionale volta a gestire l’inclusione lavorativa nella sua globalità, sia in carcere, sia nella fase post-rilascio.
Il nuovo segretariato permanente presso il Cnel avrà il compito di coordinare le azioni di tutti gli attori coinvolti nel processo di reinserimento, facilitando la collaborazione tra istituzioni centrali e locali, organizzazioni sindacali e imprese. L’obiettivo è creare una rete capillare di servizi e opportunità, superando gli ostacoli burocratici e valorizzando le buone pratiche già esistenti.
Il disegno di legge introduce importanti novità: l’equiparazione salaria dei detenuti che lavorano avranno diritto alla stessa retribuzione dei lavoratori liberi; il fondo volontario che verrà istituito per finanziare progetti di reinserimento, alimentato da contributi di fondazioni bancarie e imprese; il potenziamento della legge Smuraglia per facilitare l’assunzione di detenuti da parte delle imprese; la creazione di una piattaforma informatica online per mettere in contatto imprese e carceri, facilitando la ricerca di profili professionali e l’organizzazione di tirocini.
È stata quindi sottoscritta una convenzione dalla direttrice della casa circondariale di Busto Arsizio e dal rappresentante della Grassi S.p.A., società che produce abbigliamento tecnico professionale (guidata da Roberto Grassi, imprenditore della provincia di Varese e presidente di Confindustria Varese). Un esempio concreto di agevolazione del reinserimento.
L’ALTRO PROTOCOLLO
Nello stesso incontro è stato discusso anche il “protocollo di intesa per favorire l’inserimento socio lavorativo di titolari di protezione internazionale”. Favorisce l’integrazione dei richiedenti di protezione internazionale. Il protocollo, grazie alla collaborazione tra istituzioni, terzo settore e agenzie di servizi, mira a semplificare le procedure per l’ottenimento di documenti fondamentali come la tessera sanitaria, il codice fiscale e la carta d’identità, indispensabile per l’inserimento lavorativo. E punta inoltre a facilitare l’accesso al lavoro attraverso la creazione di una rete tra imprese, enti di formazione e servizi per l’impiego.
La riunione ha visto la partecipazione dei rappresentanti di istituzioni, associazioni e mondo del lavoro.
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