L’EMERGENZA
Varese, la siccità blocca tutto
Laghi al ribasso, montagne senza neve. Si rischia l’estate con le autobotti. Agricoltura in sofferenza

A marzo come ad agosto. È sempre più critica la situazione legata alla siccità, che sta colpendo anche il Varesotto e il Vco. E per rendersene conto basta osservare la triste immagine offerta da fiumi e corsi d’acqua, con i letti praticamente in secca. Anche il Lago Maggiore e, più in generale, gli altri specchi lacustri del Varesotto, riportano una cartolina tutt’altro che edificante, che disegna la gravissima siccità che stiamo attraversando in questo periodo.
LAGHI AL RIBASSO
Da Gavirate alla Schiranna, il livello dell’acqua del Lago di Varese parla da sé. Stessa amara considerazione, quella che fanno coloro che passeggiano lungo la ciclabile del Lago di Comabbio (presa d’assolto – a piedi e in bicicletta - in queste belle giornate primaverili, soprattutto a Ternate) e che restano sorpresi dal livello molto basso delle acque. Colpa del cambiamento climatico, continuano a ripeterci gli esperti.
E anche alzando lo sguardo non ci si consola, osservando le cime delle montagne brulle e spoglie di neve. La spolverata di qualche giorno fa, infatti, va letta semplicemente come tale: ovvero una leggera ed effimera pennellata di bianco che ha interessato i versanti montani più settentrionali della nostra zona ma che di certo non serve per ripianare l’attuale deficit idrico.
PIOGGIA: CHI L’HA VISTA?
È impietoso il giudizio di Arpa Piemonte. «Il mese di febbraio 2023 ha registrato precipitazioni molto al di sotto della norma climatica 1991-2020, con un deficit quantificabile in circa -80%. Fanno eccezione – spiegano dagli uffici - le zone alpine occidentali dove le nevicate soprattutto di fine mese, hanno contenuto il deficit attorno al 40%. Per quanto riguarda le temperature si segnala un febbraio caldo (anomalia positiva di circa 2°C) che lo colloca al settimo posto tra i più caldi dal 1958».
In grande sofferenza, si diceva, sono tutti i laghi prealpini e questa è una pessima premessa per l’annata agraria che verrà, per gli agricoltori come per tutti gli utilizzatori della risorsa idrica lombarda, a partire dagli energetici. I cinque grandi laghi che orlano l’arco prealpino lombardo costituiscono, infatti, un immenso serbatoio idrico utilizzato soprattutto per usi irrigui, grazie alle grandi opere di sbarramento degli emissari che ne regolano i deflussi, consentendo di stoccare un volume complessivo di 1,3 miliardi di metri cubi di acqua.
LE SCORTE SCARSEGGIANO
L’acqua però scarseggia negli immissari e, per quanto gli enti regolatori si stiano già sforzando di limitare i deflussi, gli invasi sono vuoti per tre quarti: secondo i dati pubblicati dal servizio idrologico di Arpa Lombardia, infatti, il volume di acqua invasata, e quindi effettivamente utilizzabile per far fronte ai fabbisogni, è pari a circa 350 milioni di metri cubi, quando un anno fa, dopo un inizio inverno anche allora avaro di precipitazioni, c’erano comunque circa 200 milioni di metri cubi di acqua in più nei grandi laghi. Anche i serbatoi che sovrastano i bacini sono in pessima salute. In rapporto alle medie degli ultimi 15 anni, negli invasi idroelettrici alpini manca oltre il 25% dell’acqua normalmente presente in questa stagione, e anche la neve scarseggia: secondo i modelli di Arpa, in montagna manca l’equivalente sotto forma di neve di 700 milioni di metri cubi di acqua, ovvero oltre il 40% della neve che si dovrebbe trovare sulle Alpi in questa stagione.
Torniamo al livello dei laghi: per il Maggiore, l’idrometro ieri sera, lunedì 20 marzo, a Ranco registrava 193,32 metri (la prima soglia di magra è fissata a 193 metri); il Lago di Varese, a Bodio, si attestava invece sui 237,82 metri (con lo zero idrometrico che è fissato a 238,25 metri).
COMUNI IN SOFFERENZA
L’emergenza idrica inizia a farsi sentire anche nei rubinetti di casa. Nel Varesotto, come confermano Alfa e Lereti, la situazione è attenzionata ma non si parla al momento di ricorso alle autobotti, con le falde che per ora tengono, ancorché il loro livello si stia abbassando sensibilmente. Cosa che invece sta già avvenendo nel Verbano Cusio Ossola e nell’alto Novarese dove sono è particolarmente critica la situazione in cinque Comuni. Ad Armeno, Cannero Riviera, Piedimulera, Pieve Vergonte e San Bernardino Verbano si è toccato il livello massimo di severità idrica e già avvengono i rifornimenti con autobotti da parte del gestore, Acque Novara Vco.
QUI VARESE, POCHE PRECIPITAZIONI
I 37,8 millimetri caduti su Varese città (in pianura, anche meno) dal primo marzo a ieri, lunedì 20 marzo, rappresentano poco più di un terzo dei 102 attesi in media stando alle rilevazioni degli ultimi 60 anni in questo mese che un tempo veniva definito “pazzerello” per il continuo andirivieni di pioggia e sole, freddo ancora invernale e caldo già primaverile. Ma c’è di peggio. «Quello che deve preoccuparci di più alle nostre altitudini non è tanto la scarsità di pioggia, ma la penuria se non l’assenza di neve in alta quota. Le acque dolci sono, infatti, sempre meno e questo sta mettendo in grave crisi l’agricoltura»: così Paolo Valisa del Centro Geofisico Prealpino, mette il dito nella piaga: niente neve in montagna significa niente acqua a valle.
AGRICOLTURA AL PALO
Cereali, foraggio, piccoli frutti, ortaggi, miele. La siccità rischia di devastare tutto il “menu” del sistema agricolo varesino, compreso chiaramente l’allevamento. Certo, il Varesotto nel settore primario non è una superpotenza come quelle della Pianura padana ma, anche qui, l’agricoltura è pronta a un’altra stagione di grande sete.
D’altronde se in alcune zone della provincia non c’è acqua per gli esseri umani, figuriamoci per i campi. Si pensi, per esempio, al settore più impattante nel Varesotto, vale a dire l’allevamento delle mucche legato alla produzione di latte.
Già da qualche anno, gli allevatori faticavano col foraggio, soprattutto pensando a un territorio dove il consumo di suolo e l’avanzamento del bosco, ha tolto campi e prati adatti a produrre il cibo per le vacche. E la siccità ha ovviamente peggiorato la situazione. Solitamente, infatti, il ciclo legato al fieno vive su tre tagli: il Maggengo è il fieno di primo taglio e viene raccolto durante il mese di maggio (o giugno) ed è il fieno qualitativamente migliore, poi c’è l’Agostano, il fieno di secondo taglio e, infine il Settembrino o terzuolo, il fieno di terzo taglio è quello invece con qualità nutritive inferiori.
«L’anno scorso – spiega Fernando Fiori, presidente di Coldiretti Varese – si è riusciti a compiere soltanto due tagli. Talvolta si è arrivati a fatica a tre, ma di qualità decisamente inferiore. Più che foraggio era sterpaglia». E quest’anno si rischia il bis. Il motivo? Basta guardare i prati di oggi: di erba non ce n’è e quella poca presente tende al giallo. Un disastro. «Ormai - racconta ancora Fiori - qualche agricoltore si arrende perché costa di più il gasolio per tagliare il prato che la resa del foraggio ricavato».
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