L’ANALISI
Negozi chiusi: non solo virus
Continua l’ecatombe di locali vuoti e vetrine spente. Ecco perché

Il coronavirus svuota le vetrine di corso Matteotti e i tavolini di bar e ristoranti.
Dopo il lockdown sono numerose le attività commerciali che non hanno più riaperto e l’assenza lasciata nella via principale dello shopping comincia a notarsi; non c’è turnover, dove si chiude, non c’è chi è pronto a subentrare. Si sono persi soprattutto negozi di abbigliamento e accessori di grandi marchi, a cominciare da Jackerson, passando per Swatch e anche Stefanel, dove le vetrine sono state cambiate, con i capi della collezione estiva, ma l’attività di fatto non ha riaperto al pubblico.
E tra le chiusure in previsione ci sarebbe anche quella di Zara, che ha annunciato la cessazione di 1.200 negozi entro la fine dell’anno e quello di Varese a questo punto potrebbe rientrare in questa politica di ridimensionamento.
Chi invece sembra vivere una nuova stagione sono le piccole boutique, quelle poche che sono rimaste. Pare infatti che il Covid abbia innescato un’inversione di tendenza, con i consumatori più propensi a fare acquisti nei piccoli negozi. Da una parte la paura dei contagi gioca un ruolo di primo piano: entrare nelle boutique o nei negozietti di alimentari dà più sicurezza. Dall’altra, i mesi a casa hanno costretto i consumatori a ricorrere allo shopping online e solo le grosse realtà erano pronte a questo tipo di servizio. Chi gira per negozi ora cerca prodotti di nicchia e vuole avere un’esperienza di acquisto diversa, con un rapporto diretto con il negoziante e le commesse.
Questo non è comunque sufficiente a compensare i mesi di chiusura e lo dimostrano i saldi di fine stagione, mai così poco sentiti dai consumatori come quest’anno, nonostante rappresentino un’occasione di risparmio in tempo di crisi. Perché il virus, oltre a rivedere le abitudini nelle modalità di fare shopping, ha anche dato un freno ai consumi, inteso come shopping sfrenato, per favorire un ritorno all’essenziale. Ed è questa la ragione che molti indicano anche alla base delle crisi di bar e ristoranti. I pubblici esercizi sono profondamente in difficoltà, sicuramente perché il covid ha ridotto il potere d’acquisto di molte famiglie e le disposizioni anti-contagio hanno ridotto la capacità di accoglienza dei locali, ma anche perché la tendenza è rivolta a restare a casa e usufruire dei servizi di asporto e consegna a domicilio. E anche in questo caso sono poche le attività che per ora hanno saputo rivedere la loro offerta e adeguarsi alla nuova tendenza, che comunque non compensa le perdite. Per questo molti locali, come negozi, hanno preferito non riaprire, per il momento.
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