CULTURA
Varese, Politeama da pensare
Scelte architettoniche, fondi, gestione e posti auto: le zone d’ombra del progetto

Tra le grandi opere annunciate o in parte realizzate nell’ultimo scorcio di mandato di Davide Galimberti, si sta imponendo all’attenzione del dibattito il Politeama.
Dopo una lunga impasse, l’edificio, di proprietà della Fondazione Molina, chiuso da anni, è tornato in pista grazie ad un contratto con il Comune relativo ad un canone di 55 mila euro all’anno per 90 anni in cambio del diritto di superficie. Un accordo che arriverà in Consiglio comunale il 13 maggio e che non mancherà di creare polemiche e mal di pancia. Una poderosa ristrutturazione attende l’edificio, che qualcuno ha già definito enfaticamente come il nuovo «teatro stabile» di Varese, o come la sutura di una dolorosa ferita, quella apertasi con l’abbattimento del Teatro Sociale in pieno boom edilizio cittadino.
Il progetto del Politeama si sta però delineando con luci e ombre, incertezze, interrogativi, che in gran parte sono emersi all’ultima commissione mista Bilancio-Cultura.
Intanto non è chiaro se l’edificio di proprietà del Molina sia tutto, o solo in parte, coinvolto nella ristrutturazione. È questione di scelte architettoniche, ma anche di soldi.
Oltre alla sala cinematografica-teatrale, altri due negozi potrebbero essere coinvolti, entrambi affittuari del Molina, a sinistra dell’entrata del cinema. È chiaro che con la loro presenza il teatro si amplierebbe non di poco, considerato che la torre scenica sorgerebbe nel cortile dietro la palazzina dei Servizi Sociali del Comune, mentre se parliamo della sola sala tutto si riduce.
L’incertezza è totale, al punto che sono ipotizzate due cifre ben diverse, in 90 anni, con l’inclusione dei negozi, che comporta la spesa di un milione e 700 mila euro circa, o con la loro esclusione; solo la sala costa 3 milioni e 100 euro mila circa.
Due progetti, dunque, ben diversi. Nel caso maggiore si potrà forse ascoltare l’8° Sinfonia di Mahler, come auspicava il consigliere Valerio Crugnola, mentre in caso diverso tutto resterebbe molto più semplice.
Non solo. Si rimanda al bando di progettazione per capire cosa accadrà davvero. Proposte e interrogativi però si sprecano. Il presidente della Commissione cultura, il Pd Francesco Spatola, ha recentemente rilanciato l’idea di ospitare l’opera lirica, con la realizzazione del «golfo mistico», la buca per l’orchestra. Lo stesso è arrivato ad ipotizzare, elevando in altezza la sala, che da poche centinaia si possa arrivare ai 1.200 posti, quelli dell’attuale Apollonio, che ha la sorte segnata, con l’abbattimento tra 3 anni, per lasciare il posto al mercato coperto.
È stato invece, sempre in Commissione, il consigliere Enzo Laforgia ad affacciare il tema del modello di gestione del teatro: se pubblica, formula già sperimentata con l’Apollonio delle origini, privata o altro. Un interessante interrogativo su cui il sindaco ha tuttavia sorvolato. Dunque, sul futuro del nuovo teatro non mancano ombre e dubbi, e tra questi anche i posti auto, soppressi nel vicino piazzale Kennedy, come hanno fatto notare i consiglieri Luca Boldetti e Carlo Piatti. Il Teatro stabile di piazza XX Settembre resta, per il momento, un mistero.
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