IL CAMMINO DELLA CHIESA
Varesini al Giubileo, testimonianze e abbracci
Sono stati 135 i nostri pellegrini tra 17 e 23 anni. E l’avventura non è finita: i ragazzi del decanato vanno a Gaeta per un’altra esperienza di comunità

«Abbiamo imparato a dire ciao in tutte le lingue del mondo». Sembra poco. Non lo è. «Ci siamo scambiati di tutto, in una sorta di baratto di pace: cappellini e magliette, c’è chi ora ha un sombrero e chi t-shirt sudamericane, e poi lo scambio di tanti braccialetti semplici, originali, che trasmettono amicizia e fratellanza». «Abbiamo dormito in tenda accanto a ucraini, sudamericani di vari Paesi, polacchi».
«La prima volta per noi al Giubileo dei Giovani, ma è stata anche la prima volta di Papa Leone». Quest’ultima riflessione che gli adolescenti di Varese lanciano da Roma colpisce nella sua semplicità. La hanno consegnato a don Matteo Missora, responsabile della pastorale giovanile del decanato di Varese.
LA CRESCITA
Un gruppo di 135 ragazzi tra i 17 e i 23 anni, alcuni sacerdoti delle comunità pastorali tra cui don Martino Mortola della Kolbe (comunità Santi Gottardo e Giovanni Paolo II) che è docente di Teologia della Chiesa e che ha colto tanti aspetti dell’omelia del papa agostiniano. Il Giubileo è stato un evento che non ha avuto solo un aspetto religioso e che non si è concluso con il duplice appuntamento a Tor Vergata.
IL CAMMINO CONTINUA
Partiti martedì, i ragazzi del decanato si trasferiscono ora a Gaeta, con altri giovani della diocesi per un’altra esperienza di comunità, crescita e volontariato. A Roma sono stati a San Pietro, a Santa Maria Maggiore, sulla tomba di Francesco, in altre chiese simbolo della cristianità. C’è stato l’aspetto religioso e c’è stato quella di un appuntamento planetario che è stato culturale, pedagogico, etico.
«Insieme si può stare bene anche se si è molto diversi, crescere, scoprire la bellezza del mondo che è speranza e che diventa pace», dicono i due sacerdoti varesini.
Insieme ai ragazzi hanno macinato più di 50 km a piedi, sono andati a letto tardi e si sono alzati presto, sono stati ospitati nella parrocchia di Tor Vergata, in particolare da Figli e figlie del Cuore Immacolato di Maria, le stesse suore del campeggio di Malnate («Un’accoglienza straordinaria, siamo davvero grati», sottolineano).
PELLEGRINI
Un Giubileo non è però una vacanza. «Chi aveva questa idea, la riporta a casa intatta - dice don Matteo Missora -. Essere pellegrini non è essere turisti, non è andare in ferie - commenta il prete -. Si fa fatica e la fatica diventa gioia». Insieme si coltiva l’amicizia «che abbatte le barriere e porta pace e speranza».
SANT’AGOSTINO
Don Martino Mortola, che insegna al Seminario di Venegono, sottolinea come il Papa sia stato capace «di tradurre per i giovani e nel linguaggio dei giovani Sant’Agostino - dice don Martino -. Per esempio quando ha sottolineato di cercare la bellezza della vita e nella vita e tramite la bellezza incontrare Dio».
Tutti gli articoli sul Giubileo sono disponibili sulla Prealpina di lunedì 4 agosto
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