IL CASO
Lettera anonima al parroco di Venegono: «Troppa modernità»
Il sacerdote lo rivela sul foglio informativo domenicale: «Sono stato invitato a non farmi montare la testa dai “modernoni” del Consiglio Pastorale»

Lettera anonima al parroco di Venegono Superiore e Inferiore: «Che cosa è questa modernità?», il rimprovero contenuto in essa. Ma il sacerdote difende la strada della comunione tra i due paesi avviata da anni: «Se qualcuno vuole prendere il mio posto, si accomodi. Non intendo vivere il ruolo di responsabile della nostra Comunità se non dentro una Chiesa “sinodale”».
È stato lo stesso don Roberto Rossi a dare notizia sul foglio informativo domenicale di una missiva inviatagli da una persona che il sacerdote ha indicato come una “detrattrice”: «Mi ha chiesto: “che cosa è questa modernità?”», ha scritto il parroco a fine settembre. «Sono invitato, dopo tanti anni che sono “pacatamente e timidamente” in questa Comunità, a non lasciarmi “montare la testa dai modernoni del Consiglio Pastorale, che mandano alla deriva la Chiesa”. Mi si invita a farmi valere più che mai “prima che qualcun altro prenda il mio posto”, ad avere più “grinta”», ha aggiunto sugli avvisi del primo ottobre. «Le rispondo da queste colonne perché non so chi sia (ma prego per lei). Mi ha chiesto: “che cosa è questa modernità?”. È il desiderio anzitutto di ritrovarci nella celebrazione dell’eucaristia che rinsalda i vincoli di unione e di fraternità tra le due parrocchie che compongono la nostra Comunità pastorale da 15 anni. Soprattutto in questo tempo in cui prevalgono gli individualismi, si è perso il senso di appartenenza alla comunità (non solo ecclesiale), sono amplificati dai mass media i conflitti, sono più che mai vere le parole di San Giovanni Paolo II al termine del Grande Giubileo del 2000: “Fare della Chiesa la casa e la scuola della comunione”. Sono passati quasi 25 anni e forse non abbiamo ancora accettato questa sfida!».
Il sacerdote è tornato sull’argomento nel foglietto di ottobre. «Dovrei fare il parroco vecchio stile che decide e comanda senza ascoltare nessuno. Rispondo a tali inviti, gentilmente declinandoli. E se qualcuno vuole prendere il mio posto, si accomodi. Non intendo vivere il ruolo di responsabile della nostra Comunità se non dentro una Chiesa “sinodale”, cioè come membro del popolo di Dio che insieme cammina non alla deriva ma verso il Regno di Dio. Camminare assieme chiede di imparare a stare al passo di tutti, senza escludere nessuno perché tutti hanno quella dignità battesimale che li abilita ad essere protagonisti della vita della Chiesa».
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