IL PERSONAGGIO
«Vi spiego Vasco Rossi»
Vittoria Chiarenza, la maestra biografa: al concerto con il figlio di 2 anni

C’è un filo che lega la regina delle pedagogiste, Maria Montessori, e Vasco Rossi, il re del rock tricolore, che ha già mandato in archivio (alla grande, naturalmente) tra venerdì e ieri sera i primi due dei sette concerti (tutti sold out con oltre 400mila biglietti bruciati in prevendita) a San Siro.
Rispettivamente la trentunesima e la trentaduesima volta nella Scala del calcio dal 1990 in avanti. A tessere questo filo è una varesina di nascita, ma marchigiana (di Senigallia) d’adozione, Vittoria Chiarenza, 33 anni, fan di Vasco da sempre, nonché ormai Vascologa provetta.
Educatrice di nido fedele al metodo Montessori, Vittoria si è laureata in Scienze pedagogiche all’Università di Macerata, con una tesi dedicata proprio a Vasco Rossi e alla sua «capacità di essere ponte tra le generazioni».
Una tesi pubblicata sul sito del Blasco, cui sono seguiti due libri, l’ultimo dei quali realizzato a quattro mani con Guido Michelone, Una vita spericolata in equilibrio sopra la follia, edito da Edizioni Theoria: quasi seicento pagine i cui ripercorrere, canzone dopo canzone, si racconta nel dettaglio l’epopea di Vasco Rossi che, per la cronaca, suonerà al Meazza ancora l’11, il 12, il 15, il 19 e il 20 giugno.
«Lavorando alla tesi e assistendo a tanti concerti posso dire senza timore di smentita che le canzoni di Vasco sono inni generazionali. Inni che senti tuoi nell’adolescenza come nell’età adulta e nella maturità. Affronta temi che mi piace definire sempreverdi comunicativi, che ti accompagnano per tutta la vita. Già, Vasco ha composto la colonna sonora delle nostre vite», argomenta Chiarenza.
«Per certi versi, mi ha salvato la vita. Quando ho sentito per la prima volta Anima fragile (dall’album Colpa d’Alfredo), mi sono sentita per la prima volta capita nel profondo. Da lì in avanti ho cominciato a seguirlo. Canta temi che appartengono alla vita di tutti in un modo così chiaro e potente che le sue parole, se sei un’anima sensibile, ti risuonano dentro. Sembriamo matti noi fan che magari non ci perdiamo nessun concerto del tour: magari la scaletta è identica ma ogni volta è come se fosse la prima volta. Succede che quella frase, quella parola detta in quel preciso istante ti risuoni dentro come non era mai successo prima. Si va cento e passa volte ai suoi concerti per questa potenza comunicativa che solo lui ha: noi sentiamo lui e lui sente noi. È una comunicazione da cuore a cuore, un rito liberatorio. Di più, ogni volta che vado a un suo concerto è come se fosse una rinascita».
A proposito di cuore, ce n’è uno, enorme e stilizzato, che pulsa al centro esatto del mega schermo che domina la spettacolare scenografia dello show. Quest’anno, Vittoria andrà a vedere il Komandante per la prima volta in compagnia del figlio di 2 anni e mezzo. Si chiama anche lui Vasco, anche se solo di secondo nome. D’altronde, la musica di Vasco, che durante il primo, potentissimo live di San Siro non ha lesinato frecciatine ai politici oltreché «a tutti i farabutti che governano questo mondo», ha fatto incontrare lei e io suo compagno.
«Dimenticavo: una cosa magica ai concerti di Vasco è il suo popolo e i legami che si creano. Andare lì non è solo vedere un concerto di Vasco, evento che già di per sé è felicità, sentirsi, rinascere. È anche ritrovarsi con tanti amici - a volte conosciuti online, altre proprio ai concerti di Vasco - per vivere quei momenti così profondi insieme. Sono amicizie che nascono lì e continuano nella vita: credo che sia un valore aggiunto. Meraviglioso».
© Riproduzione Riservata