Cina
Cina decide il futuro con il nuovo Piano quinquennale
Pechino in un momendo delicato, finita era della turbocrescita
Roma, 1 mar. (askanews) - La leadership cinese affronta da questa settimana un momento cruciale, nel quale si porranno le basi del suo futuro. Sabato ha inizio la sessione annuale del Congresso nazionale del popolo, il "parlamento" cinese, che sarà seguita dalla riunione della Conferenza consultiva del popolo cinese. E all'ordine del giorno ci sarà l'approvazione del documento che pone le basi della politica cinese nel lustro appena iniziato: il 13mo Piano quinquennale.
Sono circa 3mila i rappresentanti cinesi che, dal 5 marzo, si riuniranno per discutere varie questioni, tra le quali la principale è il voto sul Piano quinquennale che guiderà la vita economica cinese fino al 2020. Questo in un momento particolarmente delicato, nel quale il Partito comunista cinese è costretto a prendere atto di un rallentamento della folle corsa che ha portato la Repubblica popolare a diventare la seconda potenza economica del mondo.
Nel 2015 Pechino ha stimato la sua crescita al 6,9 per cento, il livello più basso negli ultimo quarto di secolo. Si tratta di un dato che, per diversi osservatori, è sovrastimato e suona come un campanello d'allarme per un sistema politico e sociale che ha barattato le libertà civili con un incremento del benessere economico dei suoi cittadini.
Non è quindi un caso che la parola d'ordine per il Piano quinquennale in via d'approvazione sia "costruire una società moderatamente prospera", come riferisce l'agenzia di stampa Xinhua, e l'obiettivo sia quello di raddoppiare il prodotto interno lordo del 2010 entro il 2020.
Il Piano quinquennale, un documento cruciale di programmazione sistemi politici comunisti, nasce dopo una gestazione di mesi come proposta del Partito comunista cinese. Quando viene sottoposto alla riunione plenaria del Congresso nazionale del popolo è già sostanzialmente definito in tutte le sue parti e, tendenzialmente, l'assemblea dovrebbe approvarlo senza stravolgimenti. La bozza che andrà al voto in questa sessione è stata licenziata a ottobre dello scorso anno dal Plenum del Comitato centrale del Pcc.
Dopo questo passaggio, il partito - a cominciare dal suo leader, il presidente Xi Jinping - ha avviato un'ampia consultazione. Il capo dello stato ha anche fatto diversi viaggi per incontrare leader, gruppi d'interesse e collettività locali.
Il piano è articolato su cinque concetti, spiega la Xinhua: innovazione, coordinamento, sviluppo sostenibile, apertura e condivisione. Delinea un processo di riforma strutturale che ha alla sua base il riallineamento dell'economia cinese dalle esportazioni allo sviluppo di un mercato interno, con una particolare attenzione all'ambiente e alla sostenibilità.
In particolare, Xi Jinping ha già chiarito che ha a cuore la campagna per la riduzione della povertà, che sarà uno dei temi trattati dal congresso, secondo quanto scrive il Quotidiano del Popolo, organo ufficiale del Pcc. Pechino ha bisogno di far percepire la crescita ai suoi cittadini per evitare le ricorrenti proteste interne e rivolte, oltre le pericolose spinte centrifughe delle minoranze, in particolare quella uiguro-musulmana del nordest del paese.
In questo contesto va anche inquadrato lo spiccato interesse cinese verso l'Asia centrale con la sua "Belt & Road Initiative", un ambizioso progetto d'investimenti infrastrutturali destinato ai paesi della regione che punta, da un lato, a rafforzare il ruolo di Pechino come potenza regionale e, dall'altro, di cercare di creare le condizioni per mitigare i rischi di uno jihadismo montante in un'area del mondo che molti osservatori considerano la prossima frontiera dell'Isis. Anche questo progetto per una "Nuova Via della Seta" sarà sul tavolo dei delegati del congresso.
Al soft-power, Pechino accoppia anche una crescente proiezione militare, in particolare nel Mar cinese meridionale, con l'obiettivo non solo di assicurare rotte d'approvvigionamento energetico e commerciali, ma anche di mobilitare con un richiamo nazionalistico. Ma questo, a dire di Robert Kaplan che è intervenuto sull'ultimo numero della rivista Foreign Affairs, è un segno della debolezza più che di forza, causato dalla fine della crescita a doppia cifra che ha caratterizzato l'economia del paese più popoloso del mondo dai tempi di Deng Xiaoping.
Il Pcc di Xi Jinping, insomma, cerca di rinserrare le fila e rassicurare l'opinione pubblica. In questo senso, assume una particolare rilevanza la spietata campagna anti-corruzione per creare - come ha detto eufemisticamente a inizio anno lo stesso presidente - "un ecosistema politico verde". Il giornale economico Caixin, ieri, ha sottolineato come nella riunione del Congresso nazionale del popolo mancheranno 25 delegati rimasti invischiati in casi di corruzione. Kaplan ha affermato che questa campagna "ha principalmente funzionato come una grande purga politica".
Per irreggimentare partito e paese, inoltre, Xi Jinping ha rilanciato anche il tema della centralità ideologica del Partito, restaurando la stessa figura di Mao Zedong. La settimana scorsa è stata parzialmente ripubblicata una guida per i quadri di partito del fondatore del Pcc. Si tratta d'un messaggio chiaro per la nomenklatura cinese: vanno ristabilite disciplina e pratiche interne che negli ultimi decenni erano state dimenticate a vantaggio di un approccio più individualista e affarista. A vigilare sul rispetto di questa linea, c'è l'onnipotente Commissione centrale d'ispezione di disciplina, che dispone inchieste ed espulsioni e che rappresenta oggi il vero cuore del potere che ruota attorno a Xi.
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